Società

Harris Dickinson: «Con Nicole Kidman abbiamo lo stesso senso dell’umorismo. Per la mia generazione è normale parlare di consenso, ma molti uomini sono cresciuti dandolo per scontato»

Questo articolo è pubblicato sul numero 6 di Vanity Fair in edicola fino al 4 febbraio 2025

Harris Dickinson, 28 anni, è l’attore del momento. È il protagonista, al fianco di Nicole Kidman, di uno dei film di cui parleremo di più quest’anno: il thriller erotico Babygirl, al cinema dal 30 gennaio. Harris è lo stagista di Romy (Kidman), potente donna d’affari, due figli, sposata con un uomo presente (Antonio Banderas), che decide di rischiare tutto per soddisfare i suoi desideri. Ma non stiamo parlando del solito toyboy, Babygirl è un racconto rivoluzionario – diretto dalla regista olandese Halina Reijn – che parla di fantasie femminili, potere e controllo. E usciti dal cinema, ve lo assicuriamo, non guarderete più un bicchiere di latte allo stesso modo. Per Dickinson – britannico, ex Royal Marines, tre fratelli più grandi, mamma parrucchiera, papà assistente sociale, si tratta dell’ennesimo personaggio complesso. È stato adolescente gay nell’indie queer Beach Rats, modello influencer tormentato in Triangle of Sadness, e ora è in lizza per diventare John Lennon nel nuovo lavoro di Sam Mendes.

Com’è stato lavorare con Nicole Kidman?
«All’inizio ero un po’ intimorito, ma ho subito scoperto che abbiamo lo stesso senso dell’umorismo. Insieme giriamo molte scene intime, ma quando hai un intimacy coordinator diventa tutto molto professionale. È come interpretare una coreografia: devi solo fidarti e sentirti a tuo agio».

nicole kidman babygirl

Pensa che donne e uomini oggi siano liberi quando si parla di sesso?
«Dipende da chi sei. Babygirl esplora finalmente il desiderio femminile con lo sguardo di una regista donna. Tutto il film ruota intorno al controllo, a chi lo esercita in quel determinato momento. Per la mia generazione è normale parlare di consenso, ma sono consapevole che molti uomini sono cresciuti dandolo erroneamente per scontato».

Che ricordo ha dei marines?
«Ero alla ricerca di disciplina, in più è stata un’esperienza che mi ha aiutato a perdere peso, ero un ragazzino grassottello. È durata finché non ho capito che recitare era la cosa che più desideravo. Nel frattempo, ho fatto i lavori più diversi: consegna dei giornali, raccolta rifiuti nei parchi, turni al bar e in hotel, tuttofare a scuola, commesso».

Ha paura che il successo possa stravolgere la sua vita?
«Non molto. Vivo una vita relativamente tranquilla, quindi per il momento è fantastico poter fare il lavoro che amo e avere anche una vita privata. Non mi piace condividere il mio privato, non ho nulla da nascondere ma credo che si debbano proteggere certe cose».

I social media li usa?
«Cerco di starne alla larga il più possibile. Non mostro la mia vita, dico solo che ho un gatto».

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