Politica

Hanno ucciso un nostro giovane atleta

La prima mossa arriva da uno sport di arti marziali, che non è disciplina olimpica ma è noto in tutto il mondo. La Federazione internazionale delle associazioni di Muay thai, nota in Italia anche come boxe thailandese, ha deciso di vietare la bandiera e l’inno di Israele in occasione di ogni suo evento, mondiale e locale. La sanzione è di fatto la stessa che è stata applicata a livello mondiale nei confronti di Russia e Bielorussia dopo l’invasione dell’Ucraina. Per quanto riguarda Israele, invece, nessun organismo sportivo finora si era mosso, dal Cio in giù, nonostante numerosi appelli arrivati anche dall’Italia. “Anche con lo sport si può fermare l’olocausto a Gaza“, ha detto nei giorni scorsi Mauro Berruto, deputato dem ed ex ct della nazionale di pallavolo, chiede al Comitato olimpico internazionale di escludere Israele da tutte le competizioni.

La decisione presa dalla Federazione mondiale di Muay thai (Ifma) non è nemmeno così drastica, perché – come si legge in una nota – “gli atleti israeliani continueranno a essere benvenuti“. Però, “dovranno partecipare come atleti individuali neutrali, una designazione applicata anche agli atleti provenienti da Russia e Bielorussia”. Inoltre, la sanzione prevede che nessun evento di thai boxe possa essere “ospitato o supportato in Israele fino a nuovo avviso”. Il comunicato stampa della federazione sottolinea che queste misure “non sono un danno per gli atleti israeliani, che rimangono membri stimati della famiglia Ifma. Rappresentano invece una protesta pacifica ma ferma contro le azioni che mettono in pericolo i bambini e violano i valori fondamentali della comunità sportiva globale“.

A portare alla decisione della Ifma infatti è stata la morte di Ammar Hamayel (nella foto in evidenza), 13enne atleta di Muay thai e ambasciatore di pace “ucciso in un recente attacco israeliano alla Palestina”. Il piccolo Hamayel è morto lunedì 23 giugno nella Cisgiordania occupata: lo hanno ucciso i militari israeliani, che gli hanno sparato alla schiena, secondo il rapporto di Defense for Children International Palestine. “Quando un bambino, un giovane ambasciatore di pace, viene ucciso, il silenzio non è più un’opzione“, ha dichiarato il presidente della Federazione mondiale di Muay thai, Sakchye Tapsuwan. “Questa non è solo una tragedia, è un invito all’azione. Non possiamo restare a guardare mentre gli innocenti pagano il prezzo del conflitto”, ha aggiunto.

Dopo l’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia di Vladimir Putin, il Cio e le varie Federazioni sportive hanno escluso gli atleti di Mosca dalle competizioni oppure hanno permesso loro di partecipare come neutrali, senza bandiera e inno. Una mossa di soft power che è uno strumento comune dal secondo dopoguerra in poi. Israele, oltre alla tragedia in corso a Gaza, è responsabile anche della morte di 635 atleti palestinesi e di aver distrutto praticamente tutte le infrastrutture sportive presenti a Gaza, come ha ricordato lo stesso Berrutto nel suo intervento a Montecitorio. Finora però né il Cio né altre importanti Federazioni hanno deciso di prendere provvedimenti. Il primo passo lo ha fatto il “piccolo” mondo del Muay thai, che non è disciplina olimpica ma è presente in diverse manifestazioni, come i Giochi Europei o quelli Panasiatici.


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