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Halina Reijn, regista di Babygirl: «La sessualità è raccontata in un modo lontano dalla realtà. Appare glamourous e oscura, per me è vulnerabile e imbarazzante»

Reijn ha idolatrato registi come Lyne e Verhoeven, pur riconoscendone i limiti. «Se guardi questi film oggi, c’è un bel po’ di sessismo», dice. Tuttavia, alcuni dei drammi più audaci e perversi hanno rappresentato una forma di affermazione per Reijn, le cui stesse fantasie di sottomissione erano state considerate dalla sua terapeuta come qualcosa da «superare». «9 settimane e 1/2 mi ha dato “il permesso” di avere queste idee, che pensavo fossero sbagliate», mi ha raccontato.

La tendenza si è poi affievolita a mano a mano che gli studios hanno iniziato a rivolgersi sempre più alle famiglie, e il sesso sullo schermo è diventato più accessibile attraverso altri mezzi. Lo stesso Lyne ha recentemente tentato di far rivivere il genere con Acque profonde, con Ben Affleck, ma il risultato è stato deludente. Reijn sapeva che, nel 2024, un thriller erotico avrebbe dovuto avere un aspetto diverso. «Voglio usare gli elementi del genere, ma stravolgerli e dargli un tocco moderno, divertirmi, rendere tutto un po’ camp, ironico e iperbolico», dice.

Durante la scrittura della sceneggiatura, ha letto i libri della psicoterapeuta Esther Perel e ha parlato con persone di varie aziende per capire come le norme di genere fossero cambiate dopo il #MeToo. Reijn è rimasta affascinata nell’apprendere che molte donne amministratrici delegate ricevono una formazione sull’uso dei mezzi di comunicazione per apparire più «gradevoli» e in particolare dall’idea che la vulnerabilità sia diventata qualcosa da mettere in mostra piuttosto che da negare del tutto.

«Babygirl è una fiaba», dice Reijn. Si è divertita a inserire nel suo copione circostanze esagerate e tocchi da «romanzo da aeroporto», ma allo stesso tempo voleva che la narrazione del sesso nel film risultasse autentica. «La sessualità viene spesso rappresentata in storie, film e dipinti in un modo che è lontanissimo dalla realtà», dice. «Appare estremamente glamorous o oscura, ma per me è qualcosa di vulnerabile e imbarazzante». L’ufficio, con le sue rigide gerarchie e le nette scale di potere, rappresenta uno sfondo ideale per una relazione di tipo padrona-schiavo. (Sophie Wilde, che interpreta l’assistente di Romy, ha fatto notare a Reijn che persino le sue scene con Kidman avevano una sfumatura di sadomasochismo). Per Samuel e Romy, gli incontri in sala conferenze si trasformano in occasioni di flirt; una sigaretta condivisa fuori dalla festa aziendale si rivela il preludio a qualcosa di più intenso.


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