“Ha perseguito persone innocenti”. Giudice italiano nel mirino di Mosca per il mandato d’arresto contro Putin
Un giudice italiano è finito nel mirino della Russia. Si tratta di Rosario Salvatore Aitala, che dal 2018 lavora alla Corte penale internazionale e che, nel 2023, è stato tra coloro che hanno spiccato il mandato di cattura per il presidente Vladimir Putin. Assieme ad otto suoi colleghi, è stato condannato in contumacia da un tribunale di Mosca a 15 anni di carcere per aver “perseguito persone innocenti” e per “tentata violenza contro persone che godono di protezione internazionale”.
Ad emettere la sentenza, come riportato da Avvenire, è stata la corte presieduta da Andrei Suvorov, lo stesso giudice che ha spedito nelle colonie penali della Federazione i principali oppositori dello zar, tra cui Alexei Navalny, morto nel 2024. Oltre ad Aitala, sono stati giudicati colpevoli l’ex presidente della Cpi Petr Józef Hofmański e il suo successore Tomoko Akane, il vicepresidente Reine Alapini-Gansou, Sergio Gerardo Ugalde Godínez, Haikel Ben Mahfoud, Carranza Luz del Carmen Ibáñez e Bertram Schmitt. Sono stati inseriti tutti nella lista dei ricercati internazionali di Mosca, che potrebbe anche inviare delle richieste di estradizione, anche se è praticamente impossibile che esse vengano accontentate.
Dall’Aja, sede della Cpi, non sono arrivati commenti o dichiarazioni. La Giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati, invece, ha auspicato che “il governo italiano chieda immediatamente spiegazioni al governo russo sulle circostanze che hanno portato il giudice Aitala a essere condannato in contumacia dal tribunale di Mosca. Aitala lavora per la Corte Penale Internazionale, un organismo che è nato in Italia, a Roma, e che rappresenta un baluardo del diritto a livello mondiale. Ci auguriamo che l’appartenenza di Aitala a questo organismo non sia divenuto un pretesto per esercitare un’odiosa forma di ritorsione della Russia nei confronti suoi e del nostro Paese”.
Il mandato emesso dalla Corte nel 2023 non ha preso di mira solo il presidente Putin. Anche la sua commissaria per i diritti dei bambini, Maria Lvova-Belova, è ricercata internazionale per la deportazione di minorenni ucraini nella Federazione.
Al tempo, il Cremlino ha dichiarato la decisione della Cpi come “nulla” e ha affermato che “la presidenza della Cpi, senza alcun fondamento giuridico, ha ordinato ai giudici della camera di emettere mandati di arresto consapevolmente illegali nei confronti di queste persone”.
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