Veneto

grandi manovre per portare in salvo in delfino, ma lui torna a San Marco (video)

Sabato mattina una scena surreale: diciotto barche, schierate a pettine, tutte con i lampeggianti accesi. Guardia Costiera, Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, Vigili del fuoco, Suem, tutti a procedere a velocità “avanti piano, quasi fermo”, come un rastrello in superficie, con vaporetti e motoscafi Actv accodati in direzione Sant’Elena e poi ancora verso San Clemente. Sulle rive molti spettatori che al momento non pensavano al delfino: “Che sia successo un incidente?”, si chiedevano.

Nella mattinata di ieri il bacino di San Marco ha fatto da scenario a un’operazione complessa e coordinata che ha coinvolto tutte le forze dell’ordine e unità specializzate nella tutela dei cetacei. L’obiettivo era accompagnare il delfino di Venezia dalle acque interne della laguna verso zone meno trafficate, riducendo per lui il rischio di incidenti, grazie a tecnologie di dissuasione acustica. L’animale, diventato negli ultimi mesi una vera attrazione per residenti e turisti grazie ai suoi frequenti avvistamenti e ai comportamenti particolarmente socievoli, si è stabilito da tempo tra il bacino di San Marco e le aree circostanti, attirando quotidianamente l’attenzione di imbarcazioni e curiosi.

La decisione di intervenire è maturata dopo diverse settimane di osservazioni da parte dei ricercatori del Cert, il gruppo dell’Università di Padova specializzato nell’assistenza ai cetacei in difficoltà. Gli studiosi avevano segnalato la presenza di evidenti ferite sulla pinna dorsale del delfino, verosimilmente compatibili con il contatto con eliche di imbarcazioni. Poiché il bacino di San Marco rappresenta una delle zone più trafficate della laguna, la permanenza del giovane esemplare in quell’area veniva considerata potenzialmente pericolosa sia per lui sia per le barche che ogni giorno lo incrociavano lungo le rotte regolari.

Venerdì, durante una riunione operativa che ha coinvolto Università, Regione, Comune di Venezia e Capitaneria di porto, è stato stabilito di tentare un primo allontanamento controllato. L’intervento avrebbe avuto una funzione duplice: allontanare momentaneamente il delfino e testare la possibilità di creare, in futuro, una barriera acustica stabile che ne disincentivasse la permanenza nell’area più critica della laguna.

Le operazioni sono iniziate ieri alle 9, con un imponente dispiegamento di mezzi della guardia costiera, della guardia di finanza, dei vigili del fuoco, della polizia locale, della protezione civile e della guardia costiera volontaria. Sei ricercatori del Cert sono saliti a bordo di altrettante imbarcazioni, equipaggiate con pinger e un idrofono. I pinger sono dispositivi acustici in grado di emettere suoni sgraditi ai cetacei, non dannosi ma fastidiosi per il loro sistema di ecolocalizzazione. L’idrofono, invece, ha permesso agli studiosi di individuare il delfino captandone i segnali e determinando con precisione la sua posizione durante tutto l’intervento.

Parallelamente, altre sei imbarcazioni hanno diffuso un diverso tipo di suono, ottenuto immergendo tubi d’acciaio e percuotendoli per generare onde acustiche in grado di indirizzare il delfino verso un percorso prestabilito. La formazione a pettine seguita dai mezzi ha consentito di creare un corridoio sonoro temporaneo nel bacino di San Marco.

Dopo essere stato rintracciato a Vallaresso nelle prime ore della mattinata, il delfino ha seguito l’onda sonora generata dai mezzi e ha imboccato il canale dell’Orfano, dirigendosi verso la zona dell’isola della Grazia e, successivamente, verso la laguna sud. Alle 11 le operazioni si sono concluse, con la conferma che l’animale aveva superato l’area più critica dell’intervento. Per diverse ore non si sono registrati nuovi avvistamenti, lasciando supporre che l’allontanamento stesse procedendo come previsto.

Il risultato, tuttavia, si è rivelato temporaneo. Dopo circa mezza giornata di assenza, il giovane delfino è stato nuovamente avvistato nel bacino di San Marco, nel medesimo specchio d’acqua in cui per mesi ha eseguito tuffi ed evoluzioni che gli hanno valso una popolarità crescente sui social e tra chi quotidianamente attraversa la laguna. Il suo ritorno ha confermato un forte legame comportamentale con l’area veneziana e il persistente rischio costituito dall’interazione con il traffico acqueo.

Gli esperti ritengono che l’età del delfino, stimata attorno ai cinque o sei anni, possa spiegare parte del suo comportamento. Si tratta di un esemplare giovane, potenzialmente separato dal proprio gruppo d’origine, che compensa l’assenza del branco con interazioni frequenti con imbarcazioni e persone. Il comportamento di bow riding, osservato spesso durante gli avvistamenti, indica che l’animale sfrutta l’onda di prua delle barche come fosse un gioco, un atteggiamento tipico dei delfini giovani ma in un contesto come quello veneziano particolarmente rischioso.

Gli scienziati hanno rilevato come tali interazioni, nel lungo periodo, possano trasformarsi in un pericolo serio. La presenza quotidiana di motoscafi, vaporetti e taxi acquei crea un ambiente complesso, dove la capacità del delfino di orientarsi può essere compromessa dal rumore e dalla densità del traffico. Inoltre, esiste il timore che alcune persone, per avvicinarlo, possano lanciare cibo o altri oggetti in acqua, alimentando comportamenti potenzialmente nocivi.

Nonostante il rientro del delfino nel bacino di San Marco, la Capitaneria di porto considera l’operazione utile per la fase sperimentale in corso. L’obiettivo principale della giornata non era infatti quello di ottenere un allontanamento definitivo, ma di verificare la reazione del delfino ai diversi sistemi acustici. L’esperimento verrà ora analizzato nel dettaglio per valutare la possibilità di installare dissuasori sonori fissi, basati su tecnologie più avanzate, capaci di attivarsi solo quando rilevano la presenza dell’animale.

Per la laguna di Venezia si tratterebbe di un’applicazione inedita, finalizzata alla creazione di una barriera acustica permanente in grado di mantenere il delfino a distanza dalle zone più trafficate. I ricercatori ritengono infatti che, senza un intervento duraturo, Mimmo potrebbe continuare a frequentare le stesse aree, esponendosi a rischi crescenti.

La vicenda, iniziata nei mesi scorsi con i primi avvistamenti a Chioggia e proseguita con il suo arrivo a Venezia durante l’estate, ha suscitato grande interesse tra residenti e visitatori. Tuttavia, la presenza del delfino in una zona così complessa richiede ora un approccio scientifico strutturato, capace di coniugare la tutela dell’animale con la sicurezza della navigazione. Le autorità e i ricercatori stanno quindi valutando le prossime fasi, incluse nuove sperimentazioni acustiche e il possibile posizionamento di dispositivi fissi.

Nonostante il temporaneo successo dell’operazione di ieri, resta evidente che il giovane delfino percepisce la laguna come un ambiente familiare e ricco di stimoli. Il suo ritorno nel cuore di Venezia dimostra quanto forte sia il richiamo della città d’acqua per questo esemplare, che continua a muoversi con disinvoltura tra le rotte dei traghetti e le barche dei turisti, ignaro dei pericoli che lo circondano.

Le prossime settimane saranno dunque decisive per definire una strategia che possa garantire a Mimmo condizioni di vita più sicure, limitando al tempo stesso le interferenze con il traffico acqueo. Le autorità ribadiscono l’importanza di evitare comportamenti che possano attirare l’animale o avvicinarlo ulteriormente alle imbarcazioni, mentre gli esperti continuano a monitorarne i movimenti nella speranza di guidarlo, in modo più stabile, verso acque meno rischiose.

Il video delle operazioni di sabato qui sotto.


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