Goddess – Goddess | Indie For Bunnies
E’ finita troppo presto la parabola musicale delle Savages, grintose rappresentanti di un rock al femminile ribelle ed essenziale ma tutte le musiciste che ne hanno fatto parte hanno continuato ad esprimersi con dischi solisti (Jehnny Beth) e attivismo, come la batterista Fay Milton impegnata nel progetto “Goddess”.

Milton si riserva il ruolo di performer, coordinatrice e produttrice di quello che è a tutti gli effetti un collettivo che riunisce numerose artiste della scena londinese, prima tra tutte Ayse Hassan che nelle Savages suonava il basso e lo fa anche qui in ogni brano. Copertina dall’indole cubista, che ben rappresenta il tono di un disco che celebra la libertà in ogni sua forma.
Post punk, R&B, elettronica, dream pop si susseguono a ritmo serrato fin dalle prime note di “Little Dark” che vede alla voce Shingai (ex Noisettes) tra melodie sinuose e un sottofondo ritmato, tenebroso, dark e potente. La sofferta “Shadows” con Elena Tonra (Ex:Re / Daughter) e Hinako Omori al piano spicca per intensità, alternando armonie avvolgenti e frammenti noise.
Delilah Holliday (Skinny Girl Diet) in “Animal” e Salvia (Lilith Salvia Morris) in “Fuckboy” fanno fare un viaggio in ritmi taglienti, moderni, contaminati tra R & B, spoken word e rap, non a caso Milton ha citato Shygirl tra le principali fonti d’ispirazione di un progetto che grazie alla dolce voce di Shadow Stevie diventa confidenziale e “Golden” è proprio una perfetta ballata orchestrale.
Isabel Muñoz-Newsome mette in scena tutta l’esperienza con i Pumarosa nel melodico rock di “Bad Child”, “Darling Boulevard” affidata a Bess Atwell ricorda il fascino misterioso di Julee Cruise, l’elettronica morbida di “Diamond Dust” sembra fatta su misura per Izzy Bee Phillips (Black Honey).
Umorale, eclettico, istintivo, “Goddess” gioca con atmosfere e suggestioni mantenendo alta la qualità, anche nei ritmi da club di “Bounce” e nella cavalcata finale, una graffiante e rabbiosa, sentimentale “22nd Century” dove Harriet Rock dà il meglio. Un esperimento riuscito dunque di cui Fay Milton può andare orgogliosa.
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