Mondo

Gli Usa alle aziende europee: abbandonate i programmi di diversità e inclusione

Rinunciare ai criteri di diversità e inclusione come condizione per poter partecipare ad appalti pubblici negli Stati Uniti. E’ questa l’indicazione arrivata nei giorni scorsi alle aziende europee tramite una lettera a firma dei contracting officer delle ambasciate statunitensi. «Tutti i contraenti del Dipartimento di Stato devono certificare di non gestire alcun programma che promuova la DEI che violi le leggi antidiscriminazione applicabili» recita la missiva, che avverte che in caso non si voglia uniformarsi a quanto stabilito dagli ordini esecutivi dell’amministrazione Trump «ti saremmo grati se potessi fornirci motivazioni dettagliate, che inoltreremo ai nostri servizi legali».

La notizia riportata dalla stampa francese nel week end ha trovato poi riscontro anche in altri Paesi europei. Il ministero francese del Commercio estero ha commentato: «Le interferenze americane nelle politiche di inclusione delle imprese francesi, come la minaccia di dazi doganali ingiustificati, sono inaccettabili». Una risposta è arrivata anche a livello europeo. «Siamo a conoscenza della lettera del presidente Trump e non ho commenti specifici in merito. Più in generale posso dire che la nostra Unione è ovviamente un’Unione di uguaglianza» ha commentato la portavoce della Commissione europea Eva Hrncirova durante il briefing quotidiano con la stampa, aggiungendo: «Abbiamo una legislazione sia a livello europeo sia a livello di Stati membri che promuove diversità, uguaglianza e inclusione. Sosteniamo le organizzazioni nel promuovere e sviluppare luoghi di lavoro più diversificati e inclusivi perché crediamo che ciò attragga talenti, migliori la creatività e l’innovazione. E abbiamo una legislazione per promuovere l’equilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle aziende». E il nodo della questione sta proprio nel quadro normativo europeo e nella legislazione dei singoli Stati. In Italia, ad esempio, è in vigore la legge Golfo-Mosca, che prevede una quota del 40% dei posti nei cda delle società quotate riservata al genere meno rappresentato. Si tratta di una legge a cui le aziende italiane non possono derogare per poter accedere a contratti pubblici di altri Stati. E il punto di riferimento per la normativa da seguire è il foro competente della società. Le stesse sedi italiane delle multinazionali statunitensi non possono far riferimento agli ordini esecutivi statunitensi, ma devono rispettare le normative del Paese in cui hanno sede.

A livello europeo due recenti direttive sul tema diversità e inclusione sono state recepite dagli Stati: la direttiva 2022/2381 sul miglioramento dell’equilibrio di genere fra gli amministratori delle società quotate già recepita dall’Italia, e la direttiva 2023/970, che mira a promuovere la parità di retribuzione tra uomini e donne, ufficialmente in vigore a giugno 2026. Misure queste a cui si “dovrebbero” adeguare anche le grandi multinazionali americane che hanno sede in Europa, non potendo far riferimento al foro competente del Paese di origine. L’interpretazione passa ora agli studi legali, che saranno chiamati a dirimere la questione, mentre negli Usa la Federal Communications Commission americana apre un’indagine su Walt Disney per le sue politiche sulla diversità, l’equità e l’inclusione che non sembrano rispettare le norme governative.


Source link

articoli Correlati

Back to top button
Translate »