Giulio Regeni, la testimonianza: «In carcere l’ho visto bendato, sfinito dalle torture»
«Giulio Regeni era ammanettato con le mani dietro la schiena, con gli occhi bendati. L’ho rivisto che usciva dall’interrogatorio, sfinito dalla tortura. Era tra due carcerieri che lo portavano a spalla. Lo stavano riportando alle celle». Al processo a carico dei quattro 007 egiziani per la morte del ricercatore italiano è stato proiettato un video, andato in onda su Al Jazeera, con il racconto di un cittadino palestinese che è stato detenuto con lui in Egitto. Gli imputati sono il generale Tariq Sabir, i colonnelli Athar Kamal e Uhsam Helmi e il maggiore Magdi Ibrahim Abdel Sharif. Sono accusati di aver torturato il ricercatore italiano prima di gettarne il corpo sull’autostrada che da Alessandria porta al Cairo.
«Non era nudo, indossava degli abiti, dei pantaloni scuri e una maglietta bianca. Ho visto un altro detenuto con segni di tortura sulla schiena. I carcerieri insistevano molto con la domanda “Giulio dove hai imparato a superare le tecniche per affrontare l’interrogatorio”. Erano nervosi, usavano la scossa elettrica e lo torturavano con la corrente».
Secondo questo testimone non c’erano solo i carcerieri, ma anche «gli investigatori, ufficiali che non avevo visto prima e un colonnello, un dottore specializzato in psicologia. Non c’era nessun contatto con il mondo esterno: la sensazione era quella di stare in un sepolcro. Sono stato sequestrato, detenuto e poi liberato senza un perché».
Parla anche la sorella di Giulio Regeni, Irene. «Ricordo una chiamata di mamma che mi diceva: “Hanno fatto tanto male a Giulio”. La parola tortura l’ho sentita per la prima volta dopo, al telegiornale. Mio fratello era un ragazzo normalissimo, la persona che per me c’è sempre stata e non avrei mai pensato di vivere senza. Era generoso e buono. Lo vedevo come un esempio. Era il “mio fratellone” che dava consigli. Giulio è stato sempre appassionato di storia, studiava l’arabo. Dopo il corso triennale andò per la prima volta in Egitto. Era aperto a conoscere culture diverse, in particolare quella egiziana: era entusiasta di andare lì, era contento per la ricerca sul campo».
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