Giulia Cecchettin, un anno dopo: storia di un femminicidio
Il femminicidio di Giulia Cecchettin ha segnato la storia italiana, ha mostrato che la violenza contro le donne può arrivare ovunque, ha cambiato la percezione di tanti nei confronti di abusi e violenze. Era il novembre del 2023.
La storia del femminicidio di Giulia Cecchettin
Chi era Giulia Cecchettin
Giulia Cecchettin era nata a Padova il 5 maggio 2001. Viveva a Vigonovo, in provincia di Venezia, con il padre Gino, ingegnere, il fratello minore Davide e la sorella maggiore Elena. La mamma Monica, è morto nell’ottobre 2022. Studiava ingegneria biomedica dell’Università di Padova. Avrebbe dovuto laurearsi il 16 novembre 2023. Aveva il sogno di frequentare anche un corso per diventare fumettista. All’università aveva conosciuto Filippo Turetta, suo coetaneo, di Torreglia, nel padovano.
La storia con Filippo Turetta
All’università aveva conosciuto Filippo Turetta, suo coetaneo, di Torreglia, nel padovano, e suo compagno di studi. Per circa un anno, fin ad agosto 2023, i due sono stati una coppia. Avevano continuato a vedersi anche dopo la fine della relazione. Lei però vedeva come un ricatto l’atteggiamento di lui sempre più possessivo. Era arrivato a minacciare il suicidio dicendo che non vedeva un futuro senza di lei. Alle amiche aveva detto che usciva ancora con lui, di solito una volta al mese, proprio per scongiurare gesti estremi. «O ci laureiamo insieme o la vita è finita per entrambi» le scrive in chat.
L’ultimo giorno
L’11 novembre del 2023, un sabato, è l’ultimo giorno in vita di Giulia Cecchettin. Alle 17 e 15 la ragazza manda via e-mail l’ultima versione della sua tesi di laurea alla relatrice. Esce di casa alle 18. Va con Filippo Turetta in un centro commerciale di Marghera. Vuole comperare un paio di scarpe per la cerimonia. C’è la conferma di una commessa, una delle ultime persone a vederli. Uno scontrino dice che attorno alle 21 di quella sera cenano in un fast food del centro commerciale. Gli ultimi messaggi con WhatsApp alla sorella sono delle 22 e 43. Da quel momento in poi non ci sono più notizie di entrambi.
Le ricerche
Il padre di Giulia fa denuncia di scomparsa il giorno successivo, alle 13 e 30. Dice di temere per l’incolumità della figlia. La sorella fa appelli sui social. Ci sono appelli in tv da parte dei familiari di entrambi i ragazzi: chiedono loro di tornare a casa. Qualcuno pensa a un allontanamento volontario. C’è però una testimonianza. Una persona ha contattato la famiglia Cecchettin dicendo di aver visto dal balcone la lite fra un uomo e una donna nel parcheggio di via Aldo Moro a Vigonovo. Ha sentito una voce femminile che gridava «Mi fai male». Il testimone dice di aver chiamato i Carabinieri alle 23 e 18, ma questi non sono intervenuti perché c’erano altre chiamate in contemporanea.
Le ricerche sono proseguite nei giorni successivi in particolare nella ricostruzione del percorso dell’auto di Filippo Turetta, una Fiat Grande Punto di colore nero. Le telecamere, di videosorveglianza e di rilevamento del traffico, segnalano passaggi, nei giorni successivi alla scomparsa, in Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Alto Adige, quindi in Austria. L’ultima volta che la vettura è registrata in Italia è alle 9 e 07 del mattino di domenica 12, sulla statale che collega Cortina d’Ampezzo a Dobbiaco. Qui Filippo fa rifornimento al self service con una banconota da 20 euro sporca di sangue. Il proprietario della pompa la porta agli inquirenti.
Un altro è però il filmato fondamentale per la ricostruzione dell’accaduto. Il sistema di sorveglianza della Dior di Fossò, comune che confina con Vigonovo, mostra un uomo colpire con violenza una donna e caricarne il corpo nel bagagliaio dell’auto. Nel luogo ripreso dalle immagini vengono trovati la lama di un coltello lunga 21 centimetri e molto sangue. Questo ritrovamento porta a emettere un mandato di arresto europeo per Filippo Turetta, accusato di sequestro di persona e omicidio volontario.
Il ritrovamento
Dai rilevamenti sulle telecamere gli inquirenti notano una deviazione e le ricerche si concentrano nell’area compresa tra il lago di Barcis e Piancavallo, in provincia di Pordenone. C’è una lunga pausa di più di due ore fra l’ingresso a Piancavallo dell’auto, poco dopo le 3 del mattino e il passaggio successivo, lungo la SR251 all’altezza della diga del Vajont. Di solito basta un’ora fra questi due punti.
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