Gisèle Pelicot, parla la figlia, Caroline Darian: «Come si fa a ripartire dopo che tuo padre è il più grande stupratore degli ultimi 30 anni?»
Quattro anni fa, Caroline Darian, figlia di Gisèle e Dominque Pelicot, pensava di avere una vita normale. Aveva poco più di 40 anni, una casa a Parigi, un lavoro come responsabile delle comunicazioni, un marito che lavorava per un programma televisivo mattutino e un figlio di sei anni. Andava d’accordo con entrambi i suoi genitori, ritiratisi nel pittoresco villaggio di Mazan in Provenza, nel sud della Francia, dove trascorrevano spesso le estati insieme sguazzando in piscina tra barbecue e musica. Il momento in cui tutto è andato in frantumi per Darian è stato una sera del novembre 2020, quando sua madre, Gisèle Pelicot, la chiama e le dice di sedersi in un posto tranquillo perché ha qualcosa di molto importante da dire. In quella conversazione Pelicot riferisce alla figlia che suo padre, Dominique Pelicot, è stato arrestato dalla polizia per aver filmato le gonne di alcune donne in un supermercato con una telecamera nascosta in una borsa. Gli agenti che indagano sui suoi telefoni, sul computer e sull’hard disk scoprono, però, anche qualcos’altro: migliaia di immagini e video risalenti a quasi 10 anni prima in cui si vede sua moglie drogata, priva di sensi, violentata nel suo letto da lui e da decine di estranei, almeno 70 uomini, di età compresa tra i 22 e i 71 anni.
«È stato come essere colpita da un’onda», dice Caroline Darian al The Guardian quattro anni dopo quella sera e poche settimane dopo il verdetto di quello che è diventato il più grande processo di stupro nella storia della Francia e, forse, dell’Europa. «Il processo è stato un calvario, molto duro da una prospettiva umana». Rivedere in quell’occasione le immagini di decine di uomini intenti a violentare Gisèle Pelicot in stato quasi comatoso e aver scoperto che Dominique nascondeva i farmaci in un calzino da tennis dentro una scarpa da trekking nel suo garage, schiacciando poi i sonniferi e gli ansiolitici nel purè di patate, nel caffè o nel gelato al lampone che serviva alla moglie davanti alla tv, è stato per Caroline Darian dolorosissimo perché Caroline si trova oggi a essere sia la figlia della vittima che del carnefice, costretta a scontrarsi con un carico emotivo molto difficile da gestire. Oggi Dominique Pelicot è stato condannato a 20 anni di prigione, mentre tutti gli altri uomini sono stati dichiarati colpevoli di stupro, tentato stupro o violenza sessuale. Almeno altri 20 non sono stati ancora identificati, e si presume che siano in libertà. Darian, che ha un’ammirazione sconfinata per sua madre, «la vera vittima di tutta questa storia», nel 2022 ha pubblicato un libro chiamato E ho smesso di chiamarti papà, in libreria anche in Italia dal 18 febbraio per UTET, in cui racconta del suo primo anno dopo le rivelazioni.
Di suo padre, Caroline ricorda tutto. Anche le canzoni di Barry White cantate a squarciagola nella sua Renault 25. Ma di lui non conserva più nemmeno una fotografia. «Non riesco a conservare quei ricordi. A volte riaffiorano, ma quella era una vita precedente. Questa è adesso». Dopo aver fondato il movimento Don’t Put Me Under (#MendorsPas) per sensibilizzare e sostenere le vittime di stupro facilitato dalla droga, Darian chiede una migliore formazione per gli operatori sanitari e la polizia e un accesso più facile e veloce ai test tossicologici per le vittime. Vorrebbe anche più rispetto per le vittime di stupro in tribunale, soprattutto alla luce di quello che ha affrontato sua madre, interrogata dagli avvocati della difesa sul fatto che potesse aver ingannato gli uomini. «Sono davvero orgogliosa di mia madre perché ha aperto la strada ad altre vittime di violenza sessuale. Ha detto loro che non sono più sole. È una donna indipendente e forte. E lo ha fatto con dignità». «Durante questo processo, molti di loro mi guardavano come un oggetto sessuale», aggiunge chiedendosi una cosa molto semplice: «Come fai a ricostruirti dalle rovine quando sai che tuo padre è il peggior predatore sessuale degli ultimi 20 anni?», una domanda che aveva formulato anche di fronte al giudice. Il padre, infatti, aveva nascosto telecamere nei bagni e nelle camere da letto della sua casa e delle case dei parenti fotografando di nascosto le mogli dei suoi figli e condividendo le foto online, vantandosi di essere «circondato da sgualdrine”. Nascose anche delle telecamere nella camera degli ospiti a Mazan per filmare di nascosto la figlia nuda e realizzare fotomontaggi sia di lei che di Gisèle, confrontando i loro corpi sotto il titolo «La figlia della sgualdrina»: è evidente che anche Darian sia stata una vittima di quella follia, anche se lei stessa ignora in che termini.
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