Veneto

Giornata mondiale dell’immunologia, dal vaccino anti-vaiolo alle nuove sfide

(Adnkronos) – Oggi si celebra la Giornata mondiale dell’immunologia. E’ una sempre più approfondita conoscenza del sistema immunitario a rendere possibile lo sviluppo di nuove terapie come accaduto con il vaccino anti-vaiolo e come abbiamo visto durante la pandemia. “Questa Giornata è un momento nel quale celebrare la scienza che studia e descrive tutti gli aspetti legati alle difese dell’organismo contro le infezioni o, meglio, contro qualsiasi agente patogeno esterno e interno. L’obiettivo deve essere anche quello di puntare non soltanto sulla rivoluzione biotecnologica, ma anche sulla corretta divulgazione finalizzata al riconoscimento di tante patologie immunomediate a carattere infiammatorio e recidivante”. A fare il punto per l’Adnkronos Salute è Mauro Minelli, immunologo clinico e docente all’Universita Lum.  “Per quanto già nel 430 a.C. Tucidide avesse studiato e descritto gli effetti di un’epidemia di peste che aveva colpito la città di Atene, la nascita ufficiale dell’immunologia viene fatta coincidere con gli studi di Edward Jenner sul vaiolo. Nel 1796 – ricostruisce Minelli – dopo aver scoperto l’agente responsabile del vaiolo bovino, Jenner inoculò quello stesso agente in individui sani e, grazie a questo intervento, provvide a proteggerli efficacemente contro l’epidemia di vaiolo, malattia fatale per l’uomo, che stava colpendo l’Europa in quegli anni. Ed è proprio da tale pratica, messa a punto da questo medico di campagna inglese, che deriva il termine vaccino inizialmente usato per designare sia il vaiolo dei bovini (o vaiolo vaccino), sia il materiale ricavato dalle pustole del vaiolo bovino (pus vaccinico o vaccino) impiegato, appunto, per praticare l’immunizzazione attiva contro il vaiolo umano”. “Da allora l’immunologia ha continuato a fare grandi passi avanti, senza mai fermarsi. In tutto il diciannovesimo secolo si sono succeduti numerosi studi sul sistema immunitario: Jacob Henle descrisse in un suo articolo la teoria microbica delle malattie infettive, Louis Pasteur ottenne i vaccini per il colera e il carbonchio e Rudolf Virchow, pioniere dei moderni concetti della patologia cellulare e della patogenesi delle malattie, dimostrò che le malattie non sorgono da organi o tessuti, ma dalle cellule”, continua l’immunologo.  “Ad oggi lo spettro di studi relativi all’immunologia è vastissimo. Le scoperte scientifiche dell’ultimo secolo e l’avanzamento tecnologico hanno permesso a questa scienza di poter esplorare molto a fondo il funzionamento del nostro sistema immunitario. Grazie a ciò l’uomo è riuscito ad arginare molte delle più grandi epidemie, a conoscere la patogenesi di tante patologie, ultima delle quali quella generata dal Sars-CoV-2 che così profondamente ha sconvolto, negli ultimi anni, gli abituali processi gestionali ed organizzativi delle strutture sanitarie, mettendo a dura prova i sistemi operativi nazionali e locali in tutto il mondo”, rimarca Minelli.  “Certo non è semplice – riflette lo specialista – comunicare la complessità della materia ‘immunologia’ fuori dai circuiti degli addetti ai lavori. Già soltanto l’organizzazione strutturale del sistema immunitario si distribuisce in una complicata rete di organi, cellule e mediatori chimici, sviluppatasi nel corso dell’evoluzione per difendere l’organismo da qualsiasi forma di insulto da parte di qualsiasi tipo di ‘noxa patogena’. Vi sono organi linfatici primari e organi linfatici secondari; tessuti linfoidi associati alle mucose intestinali, a quelle polmonari e alla cute; raccolte linfatiche associate alle mucose nasali, oculari, laringee e al rivestimento interno dei vasi sanguigni. E poi – ricorda – ci sono tanti differenti tipi cellulari rappresentati, tra gli altri, da eosinofili, basofili/mastociti, linfociti T e B e plasmacellule. Tutti questi elementi cellulari, dotati di funzioni diverse, in condizioni normali sono coordinati da molecole solubili – tra le quali soprattutto le citochine – che ottimizzano la risposta difensiva”.  “Accade, però, che in corso di particolari condizioni patologiche – e il Covid è stata una di queste – quel coordinamento si perde con il risultato di un incontrollabile disordine che porterà, come conseguenza estrema, all’innesco di un fuoco amico definito ‘immunoflogosi’, in grado di danneggiare i tessuti nei quali quella ‘tempesta’ si era generata”, prosegue l’immunologo.  “In realtà – illustra ancora Minelli – tante e diverse sono le dinamiche attraverso le quali il sistema immunitario può ingenerare stati patologici. Dalle allergie IgE-mediate a quelle cellulo-mediate, dalle malattie autoimmuni a quelle da immunodeficit, un micidiale caleidoscopio di quadri morbosi apparentemente distinti e distanti eppure accomunati da una patogenesi condivisa che individua in un disordine funzionale di quel sistema la sua causa primigenia. Ed è un peccato che questo principio sancito dalla scienza ancora oggi rimanga fuori dall’organizzazione dei sistemi sanitari, molto più orientati a privilegiare la visione d’organo della patologia che non la concezione unitaria di interazione sistemica tra cellule, tessuti ed organi di uno stesso essere”. “Eppure il contributo della ricerca immunologica, partendo dalla comprensione dinamica dei meccanismi fondamentali alla base dei processi patologici immunomediati, ha finito per sviluppare vere e proprie rivoluzioni metodologiche come la scoperta degli anticorpi monoclonali con le conseguenti innovazioni diagnostiche e terapeutiche, e fino alle più profonde modificazioni degli antichi paradigmi culturali del Self/Not-Self. C’è solo da augurarsi – conclude Minelli – che occasioni come quella che oggi si celebra a livello mondiale possano spingere la promozione di nuovi modelli di assistenza magari più efficienti, efficaci ed appropriati rispetto a quelli attualmente disponibili nelle società industrializzate”.  —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)


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