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Giornata della biodiversità, Italia in ritardo di 80 anni per i target Ue: rischiano anche le orchidee

L’Italia deve accelerare il passo per recuperare i ritardi nell’attuazione della Strategia Europa sulla biodiversità 2030. Nella Penisola i tempi per l’istituzione di parchi e aree marine protette, scrigni di flora e fauna, sono molto lunghi: dall’approvazione della legge alla operatività di un’area protetta passano circa 7-8 anni. Significa che, al ritmo attuale il Paese rischia di centrare l’obiettivo del 30% di territorio e di mare protetto tra 80 anni. Ad oggi le uniche nuove aree protette create sono state il Parco nazionale del Matese, istituito ad aprile 2025 dopo un lungo e travagliato iter e l’area marina protetta di Maratea per cui è stato sbloccato l’iter. In vista della Giornata Mondiale della Biodiversità, Legambiente e della Giornata europea dei parchi, Legambiente ha pubblicato il suo Report sulla Biodiversità a rischio 2025, con un focus dedicato alle orchidee. Perché l’Italia è uno dei Paesi europei più ricchi di orchidee (se ne contano ben 240, un quarto delle quali è costituito da specie endemiche), ma oggi le orchidee selvatiche sono sempre più rischio a causa della crisi climatica, delle attività antropiche, delle trasformazioni del paesaggio e dal commercio illegale. “In Italia la perdita di biodiversità e in particolare delle orchidee – commenta Stefano Raimondi, responsabile nazionale biodiversità di Legambiente – sottolinea i limiti di un approccio passivo e l’importanza di integrare protezione, politica e ricerca scientifica. Le zone umide italiane insieme alle praterie semiaride, pur ospitando un’elevata diversità di orchidee, sono tra gli habitat meno tutelati”.

Parchi in stallo – A cinque anni dall’entrata in vigore della strategia sulla biodiversità 2030, l’Italia è in forte ritardo. La Penisola conta una lunga lista di parchi e riserve in attesa di istituzione: alcune previste da leggi del Parlamento o dei Consigli regionali e ferme a causa di complessi iter amministrativi, altre richieste da tempo dalle comunità locali o da associazioni. Il risultato, spiega Legambiente è che ci sono territori che seguono la “chimera” dell’area protetta da 34 anni, come per il Parco nazionale del Gennargentu e del Delta Po. Per il Parco Nazionale della Costa Teatina si aspetta da 24 anno o da 18 anni per i Parchi nazionali siciliani (Egadi, Eolie e Iblei). Non va meglio per la tutela del mare e per alcune aree marine protette previste fin dal 1991 per le quali l’iter istitutivo non è nemmeno iniziato. Per altre è stato congelato dai Comuni interessati (Costa del Conero, Costa del Piceno, Isole Eolie), alcune attendono il completamento l’iter istitutivo (Isola San Pietro) e altre ancora sono in attesa di decisioni definitive dal Ministero (Isola di Capri). Legambiente in questi anni ha stilato una lista con la richiesta di 76 nuove aree da istituire. Di queste 29 sono aree protette nazionali, terrestri e marine, già previste da leggi approvate dal parlamento, altre 47 sono invece aree non previste da leggi e, in alcuni casi, si tratta di aree regionali da trasformare in nazionali per garantire una loro più efficace gestione. “Eppure – racconta Legambiente – con i suoi 25 parchi nazionali, il Paese vanta progetti e casi di successo in fatto di tutela e conservazione della biodiversità a partire da quelli messi in campo nelle cinque aree protette”.

I parchi che hanno raggiunto 30 anni di storiaParco nazionale della Majella, Parco del Grasso e Monti della Laga, Parco del Vesuvio, Parco nazionale del Cilento, Vallo Di Diano e Alburni e Parco nazionale del Gargano il 5 giugno festeggeranno 30 anni di storia. A cosa hanno portato? Dagli oltre 3mila esemplari di camoscio reintrodotti su tutto l’Appennino, dove all’inizio degli anni Novanta erano quasi estinti, alla tutela del lupo in Majella dove se ne contano circa un centinaio e dell’orso bruno marsicano che conta una popolazione di circa cinquantina di individui, alla tutela della biodiversità marina. Partendo dalla tartaruga Caretta caretta dove nel Gargano sono state soccorse e curate in questi anni oltre 2mila tartarughe. Nel Cilento, c’è la rarissima Primula di Palinuro, a rischio estinzione, protetta a livello regionale e comunitario, ed è alta l’attenzione per i prodotti della terra coincide anche con la nascita del Museo della Dieta Mediterranea.

La tutela delle orchidee: tutelate quattro su 240 specie – Quest’anno Legambiente pubblica un focus sulle orchidee. “Tra quelle più minacciate la Scarpetta di Venere, quasi scomparsa dalle Alpi occidentali, il Barbone Adriatico, la rara ofride specchio e l’orchidea Orchis patens. Estinta in Sardegna, invece, proprio nel 2025, l’orchidea palustre che era presente in provincia di Nuoro. Negli anni ’80 se ne contavano una trentina, nel 2010 si è passati a dieci esemplari e a tre nel 2020. Su 240 specie di orchidee presenti in Italia, solo quattro (Cypripedium calceolus, Himantoglossum adriaticum, Liparis loeselii e Ophrys lunulata) sono tutelate a livello europeo dalla direttiva Habitat. “In fatto di tutela – sottolinea Legambiente – si scontano oggi i limiti di una direttiva non aggiornata e che non rappresenta la situazione attuale reale del grado di rischio cui sono soggette in questo caso le orchidee italiane”. In piena fioritura a partire dal mese di maggio, le orchidee spontanee sono protette dalla Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione. Inoltre, la raccolta anche parziale di fiori e bulbi ovari costituisce reato. Nella nostra Penisola, però “la tutela e conservazione delle orchidee è stata demandata alle singole regioni, generando una marcata eterogeneità nel panorama nazionale”.


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