Era stata Laura Bonafede, l’insegnante amante di Matteo Messina Denaro, a svelare chi si celasse dietro lo pseudonimo di Sollima (nome di un imperatore ottomano, Solimano il magnifico) spesso menzionato nei pizzini indirizzati dalla donna a Matteo Messina Denaro: “È Antonio Messina, è zio di mio marito, il fratello di mia suocera”, aveva detto la donna nelle sue dichiarazioni spontanee al processo che la vedeva imputata (poi condannata a 11 anni e 4 mesi). Stamattina ad Antonio Messina, avvocato massone di 78 anni, è stato notificato un provvedimento di arresti domiciliari con braccialetto elettronico, per associazione mafiosa, su disposizione della gip Antonella Consiglio, su richiesta del procuratore Maurizio De Lucia, dell’aggiunto Paolo Guido e dei sostituti Gianluca De Leo, Pierangelo Padova e Bruno Brucoli.
Secondo gli inquirenti era lui a
gestire la cassa dell’associazione mafiosa di Campobello di Mazara e a
garantire il sostentamento del boss di Castelvetrano durante la latitanza, ma aveva
tradito il boss e per questo aveva subito delle intimidazioni. Due sue
macchine erano stata
incendiate nel settembre del 2016. E in un pizzino inviato a Messina Denaro, ritrovato nel covo del latitante, Bonafede parlava così: “Quando dici che
gliela farai pagare,
che non ti fermi ti posso dire che ne sono certa, ti conosco anche sotto questo aspetto”. Cosa pensasse, d’altronde, la donna di “Solimano” lo svela un altro pizzino: “Che Solimano tenesse tanto al denaro l’ho sempre capito, gli piace spendere e fare soldi facili ma mai avrei potuto pensare che arrivasse a tanto. Quando dici che gliela farai pagare, che non ti fermi, ti posso dire che ne sono certa, ti conosco anche sotto questo aspetto. Non ti nego che mi sarebbe piaciuto che avessi fatto ‘due piccioni con una fava’; Solimano e Pancione. Ma Pancione (
il mafioso Epifanio Napoli ndr) ci sta pensando da solo, mangia come un porco, nemmeno può camminare più”. Secondo i magistrati “si comprendeva che, evidentemente, entrambi avevano già in passato ricevuto denaro da Solimano, ma l’avidità,
l’ingordigia del Messina e il suo mancato rispetto di precedenti accordi o prassi (da leggersi univocamente nei termini di un precedente sovvenzionamento della latitanza di Matteo Messina Denaro e della famiglia di Campobello di Mazara) si erano verificati anche in passato, tanto da costringere Depry (nomignolo con il quale veniva indicato dalla donna proprio il capo mafia latitante), a lanciare un avvertimento a Solimano
in modo da fargli avere paura“.
Messina non è un volto nuovo per gli inquirenti: è stato condannato per il sequestro di Luigi Corleo, suocero dell’esattore della mafia. Era il 1975, quasi vent’anni dopo veniva condannato anche per traffico di droga. Come da lui ammesso in un’intercettazione, sarebbe stato affiliato a Cosa nostra su proposta del boss Leoluca Bagarella. “Quel Solimano di merda ci ha distrutti”, scriveva ancora Bonafede.