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Geppi Cucciari: «Mi fa ridere l’inaspettato, ma piango almeno una volta al giorno. Non vuol dire che sono una persona triste, le lacrime sono anche una valvola di sfogo»

«È difficile non ridere? Incredibilmente per i comici è più facile perché siamo abituati a maneggiare l’umorismo». Geppi Cucciari, conduttrice, attrice, comica, è reduce dall’esperienza di LOL 5, disponibile su Prime Video.

Che cosa la fa ridere?
«L’inaspettato. E la vita, la vita con tutto quello che comporta. Le persone che incontri, quelle che hai scelto di frequentare, quelli con cui lavori».

La sua prima battuta è stata all’asilo.
«La ricordo con un po’ di dramma perché è stato un errore. Dovevo dire una sola frase nella recita dalle suore ed era: “Bernadette, è apparsa la Madonna”. Invece ho detto: “Madonna, è apparsa Bernadette”. Si sono messi a ridere tutti, io non sapevo nemmeno che “Madonna” fosse un’esclamazione non esattamente in linea con l’eleganza religiosa, ero troppo piccola per capirlo».

Com’è cambiato il modo di far ridere in questi ultimi anni?
«Di sicuro tra gli estremi “non si può dire più nulla” e “posso dire quello che voglio”, c’è una via di mezzo e si chiama equilibrio. Io tendo a essere più irriverente quando l’oggetto della mia comicità è presente, e a essere un po’ più rispettosa se è assente».

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L’ultima volta che ha pianto?
«Piango spesso, almeno una volta al giorno. E credo che questa cosa appartenga a tutte le persone che hanno un rapporto con le lacrime non necessariamente abbinato alla tristezza. Le lacrime sono anche una valvola di sfogo, un modo per manifestare emozioni. Io piango di felicità, rabbia, stanchezza, tristezza, preoccupazione. Le ragioni per cui piango sono sempre diverse.E se piango tutti i giorni non vuol dire che sono una persona triste, vuol dire che ho le lacrime facili. Pochi giorni fa, per esempio, ho pianto in treno e il signore che era seduto accanto mi guardava un po’ preoccupato».

Si può, invece, ridere di tutto?
«Non so, si possono fare battute su tante cose, anche cose che apparentemente intoccabili, però ognuno di noi secondo me ha un livello oltre il quale sa di non voler andare».

Oggi è un’attrice, una conduttrice, una comica. Ma a tornare ai suoi esordi, cosa ricorda?
«Io ho scelto il cabaret e il cabaret ha trovato me. Non avendo potuto realizzare il mio sogno, cioè studiare recitazione in una scuola di teatro perché non avevo l’appoggio dei miei genitori e non volevo deluderli, ho iniziato dal cabaret. Frequentavo l’università, giurisprudenza, ma quando stavo per concludere il percorso mi sono accorta che non potevo fare quella vita. Mi sono trasferita a Milano e mi sono avvicinata al mondo del cabaret. Il mio primo monologo l’ho scritto su un foglio protocollo e sono salita sul palco. Non sapevo cosa sarebbe successo, non ne avevo idea. È più coraggiosa la prima volta che vai sul palco e non l’ultima».




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