Basilicata

Gemelli di Cutro rapiti e venduti, luce su un “sistema”

Il caso dei gemelli di Cutro rapiti e venduti approda alla Rai; Tre madri rompono il silenzio e parlano di un sistema


CUTRO – Forse era un sistema. Altre tre madri rompono il silenzio dopo il clamore suscitato dal caso dei gemelli di Cutro rapiti e venduti 55 anni fa. La redazione del programma Rai “Storie italiane”, dopo il servizio del Quotidiano, ha approfondito una vicenda dai contorni inquietanti. Ed è stata subissata di messaggi. Nuove testimonianze sono emerse. Alcune di queste storie sono state raccontate da Roberta Spinelli e presentano analogie con quella dei gemelli. Sembrano avvalorare l’ipotesi di un traffico di neonati, fornendo nuove chiavi di lettura di un caso ancora avvolto nel mistero, su cui la Procura di Crotone non è mai riuscita a fare luce.
Due le inchieste aperte e archiviate. Franca e Mario Oliverio nacquero nella notte tra il 19 e il 20 gennaio 1970 all’ospedale “vecchio” di Crotone. Oggi là non c’è più manco l’ospedale. Lo stabile, di recente recuperato dal Comune, è divenuto un teatro.

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IL FOGLIO

Negli stessi anni, almeno altre tre donne, provenienti dal Crotonese, avrebbero partorito all’ospedale vecchio. Una donna di 80 anni, per esempio, racconta di aver dato alla luce due gemelli ma non glieli fecero vedere perché morti. I corpi mai restituiti. L’ipotesi emersa durante la trasmissione è che alle donne veniva fatto firmare un foglio di cui disconoscono il contenuto. Forse non era il consenso al trasferimento all’ospedale di Catanzaro ma una rinuncia ai figli per legalizzare il passaggio all’orfanotrofio. I bambini venivano poi adottati da famiglie facoltose che pagavano le madri naturali.

LE ANALOGIE

Storie che presentano analogie con quella dei gemelli di Cutro e che sono maturate negli stessi anni. Tutto inizia a Cutro, nel maggio del 1969, quando la signora Lucia Iefalo Maviglia scopre di essere incinta. Il marito, Giovanni Oliverio, è detenuto quando lei partorisce. I piccoli vengono alla luce dopo sette mesi di gravidanza. La madre durante il parto subisce abbondanti perdite di sangue e viene sottoposta a trasfusioni.

Ma i due gemelli vengono al mondo. Identificati nella cartella clinica con i numeri 48 e 49, all’ospedale risultano essere nati vivi. Non hanno ancora un nome. Solo un numero. Ad assistere al parto c’è la cognata della signora, che vede i bambini vivi.
Durante la degenza, intanto, la partoriente firma dei fogli dei quali non conosce il contenuto. Dopo qualche giorno, migliorate le condizioni della signora Iefalo, i sanitari e una suora che presta assistenza ai pazienti le riferiscono che i suoi due figli sono stati trasferiti all’ospedale di Catanzaro perché quello di Crotone è sprovvisto di incubatrice.

Aggiungono che ai bimbi sono stati dati i nomi di Mario e Franca. Una stranezza, perché non erano i nomi scelti dai genitori. Il 27 gennaio la signora viene dimessa e contestualmente le comunicano che i suoi figli sono deceduti. Chiede di vederli ma le dicono che non è possibile. Quando torna a casa, sua cognata è già informata perché il signor Francesco Oliverio, cugino del marito della partoriente, le ha detto di aver fornito all’ospedale di Crotone una piccola bara e che della sepoltura si è occupato l’ospedale stesso. La signora Iefalo, distrutta dal dolore, allora ha cinque figli (successivamente ne sono nati altri quattro) e cerca di non far pesare su di loro la sua sofferenza.

GLI INTERROGATIVI

Dopo qualche tempo, la signora riceve un biglietto di auguri per la nascita dei due gemelli da un sedicente “onorevole”. Una persona a lei del tutto sconosciuta. Questo biglietto fa sorgere dei dubbi alla signora: perché gli auguri se i piccoli sono morti? Intanto, nel ‘96 la signora Iefalo muore. Mentre gli interrogativi restano in piedi. Perchè nella cartella clinica i bambini risultano vivi e nei certificati dello stato civile risultano morti? Perchè a dichiarare la nascita e morte dei bambini fu un’ostetrica dell’ospedale? Perchè della sepoltura si occupò l’ospedale? Perchè fu richiesta una sola bara? E, soprattutto, perché non fu disposta l’autopsia?

PISTA MAFIOSA

Filomena e Francesco Oliverio, figli della signora Iefalo, sono ancora in cerca dei loro fratelli gemelli. Su loro input si sono aperte le inchieste che però non hanno portato a nulla. La pista mafiosa non sarebbe del tutto da escludere. «Nostra madre fu minacciata – raccontano gli Oliverio – Quando chiese informazioni, qualche anno dopo, a una donna che lavorava in ospedale, le hanno detto di non impicciarsi. Perché in una “famiglia” di Crotone sono “tanti”». Il traffico di neonati rapiti al momento della nascita e venduti era una triste realtà, molto diffusa in passato. Le testimonianze emerse durante il programma Rai sembrano confermarlo. Forse ci sono elementi sufficienti perché le Procure di Crotone o di Catanzaro, a seconda della competenza per materia o territoriale, possano rioccuparsi del caso.


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