Garlasco, qualcuno tentò di soffocare Chiara. Ecco la pista dei pm per “Ignoto 3” – Il Tempo

Quel Dna di Ignoto 3 e quei segni di un parziale soffocamento, compatibili con la mano dell’assassino premuta sulla bocca di Chiara Poggi. È nascosto in una nota a piè di pagina negli atti del delitto di Garlasco l’elemento chiave che rafforza l’ipotesi degli inquirenti: il profilo genetico, un nucleare completo estrapolato dal tampone orofaringeo della vittima, non può essere frutto di una contaminazione, ma sarebbe stato depositato durante la prima fase dell’aggressione da uno dei complici di Andrea Sempio, l’indagato per omicidio in concorso con altri nella nuova inchiesta della Procura di Pavia, diretta da Fabio Napoleone, che punta a riscrivere la verità sul delitto avvenuto nella villetta di via Pascoli il 13 agosto 2007, per il quale sta scontando 16 anni di prigione Alberto Stasi. Nei giorni scorsi il perito nominato dal giudice per l’incidente probatorio, Denise Albani, ha scoperto in quel tampone orofaringeo prelevato a Chiara durante l’autopsia e mai analizzato per il Dna, la traccia di Ignoto 3, lasciata nella parte centrale di una garza inserita nel cavo orale della vittima.

Sebbene l’esame abbia accertato una contaminazione, visto che nei due angoli in basso della garza è stato trovato in quantitativo infinitesimale anche il codice genetico di Ernesto Gabriele Ferrari, tecnico del medico legale Marco Ballardini, la posizione e la completezza della traccia di Dna ancora sconosciuta, già comparata con i profili disponibili senza alcun esito positivo nemmeno con Stasi e Sempio, spinge gli inquirenti nella convinzione che sia stata lasciata da uno degli aggressori di Chiara, prima della morte della ragazza, visto che per l’effetto della deglutizione il Dna in bocca sparisce in pochi minuti. Un assassino che potrebbe aver premuto la mano sulla bocca della vittima, forse per non farla urlare, e che Chiara potrebbe aver morso nel tentativo di divincolarsi e fuggire verso la porta, dove è stata colpita per la prima volta. Una convinzione che troverebbe conferma nella perizia medico legale collegiale, disposta nel 2009 dal giudice Stefano Vitelli nel processo di primo grado che ha assolto Stasi e affidata ai professori Fabrizio Bison, Carlo Robino e Lorenzo Varetto.

I periti, nel considerare come non siano stati prelevati dal cadavere campioni per gli esami istologici sulle ecchimosi e le escoriazioni al volto, che potrebbero essere state prodotte in una fase anche sensibilmente anteriore, scrivono nella nota 13 a pagina 31 della perizia che «è poi da considerare l’eventualità che vi sia stata una parziale asfissia meccanica; detta ipotesi è suggerita dal rilievo istologico di un diffuso marcato enfisema polmonare acuto. Per la verità, non sono stati decritti segni generici di morte asfittica, né segni di traumatismo in corrispondenza del collo e degli orifizi respiratori, ma non si può escludere», sottolineano, «che vi sia stata un’azione, interrottasi prima della morte, di soffocamento o di immobilizzazione del torace». Una leggera asfissia che potrebbe aver messo in atto Ignoto 3.
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