Friuli Venezia Giulia

Futuro in Comune, il minestrone del centrosinistra triestino

01.12.2025 – 21.20 – Questa mattina, al Circolo della Stampa di Trieste, il centrosinistra ha messo formalmente la propria firma su quello che già da tempo era nell’aria: una coalizione unita in vista delle elezioni comunali del 2027. Il Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Punto Franco e Adesso Trieste hanno annunciato la nascita di “Futuro in Comune”, un contenitore che raccoglie anche le adesioni di Italia Viva, Alleanza Verdi Sinistra, Sinistra Italiana e Slovenska Skupnost. La sala era gremita, i volti sorridenti e la retorica abbondante: l’unità era sbandierata come un valore assoluto, quasi fosse sufficiente a garantire il successo. Ma al di là dei sorrisi e degli applausi, l’operazione tradisce più logica di calcolo che visione politica. È un minestrone politico, un insieme di anime e sensibilità diverse — civiche e partiti, movimenti e sigle — unite dalla volontà di contrastare il centrodestra uscente, più che dalla condivisione di una prospettiva chiara per la città. Un contenitore che ha i numeri per governare, ma che ancora non ha un volto, una bussola, una direzione definita.

E qui si tocca il punto centrale: non c’è ancora un candidato sindaco. La coalizione ha dichiarato che prima si lavorerà sul programma, ma in una città come Trieste, e in Italia più in generale, le elezioni comunali si vincono sul candidato. Non bastano slogan, promesse generiche o il richiamo alla partecipazione. La mancanza di un leader riconoscibile rischia di trasformare questo esercizio di unità in un’alleanza fragile, incapace di resistere ai primi scossoni della campagna elettorale. Il programma, per ora, resta un insieme di buoni propositi: più servizi pubblici, attenzione alle periferie, mobilità sostenibile, qualità degli spazi pubblici. Tutti temi di indubbia rilevanza, ma che non bastano a costruire un progetto politico credibile se non accompagnati da strategie concrete, tempi certi, scelte precise. Il rischio è quello di presentarsi come un “blocco del no”: un fronte che si oppone alla giunta uscente, ma senza fornire un’alternativa tangibile.

Il cavallo di battaglia della coalizione è l’opposizione alla cabinovia, il progetto più controverso della giunta Dipiazza. Una scelta sensata: l’opera ha raccolto consensi tiepidi e forti contestazioni, tra critiche sulla spesa pubblica e timori sull’impatto urbanistico. Qui, il centrosinistra può capitalizzare consenso e visibilità, ma solo se trasforma il rifiuto in proposta concreta: alternative di mobilità, manutenzione dei trasporti, investimenti reali nelle periferie. Se il “no” resta l’unico punto fermo, si rischia di ridurre l’azione politica a puro contrasto, senza visione. Un altro elemento da considerare è la composizione stessa della coalizione: le differenze ideologiche sono evidenti. Il Partito Democratico, con la sua tradizione di centro‑sinistra moderato, siede al fianco del Movimento 5 Stelle, più radicale e spesso imprevedibile, e di civiche come Punto Franco e Adesso Trieste, ciascuna con la propria storia e priorità locali. A queste si aggiungono sigle nazionali come Italia Viva e Alleanza Verdi Sinistra, oltre alla minoranza slovena. Tenere insieme tutto questo in un percorso coerente è più difficile che presentarsi come un fronte unico: è come guidare un’orchestra senza spartito, affidandosi solo alla buona volontà dei musicisti.

La presentazione al Circolo della Stampa, con la partecipazione calorosa di cittadini e simpatizzanti, serve a dare immagine di compattezza e rinnovamento. Ma l’impressione è che si tratti più di un atto formale che di un progetto compiuto. La coalizione nasce dal lavoro di opposizione in consiglio comunale, dalla critica alla giunta Dipiazza, dall’esperienza di anni di voti contrari e interventi simbolici. Questo è un dato di fatto: l’opposizione ha esercitato un ruolo costante, spesso incisivo, sulla politica cittadina. Ma il passaggio da opposizione a governo richiede molto di più della semplice somma di numeri. Richiede visione, leadership, capacità di tradurre programmi in risultati concreti. Non va trascurato un altro nodo: l’astensionismo e la scarsa affluenza. È un problema nazionale e locale. La coalizione lo riconosce e promette di parlare direttamente ai cittadini, non limitandosi a post sui social o comunicati stampa. Ma l’esperienza insegna che la parola non basta: servono azioni visibili, risultati tangibili, una politica che restituisca fiducia ai cittadini. Senza questo, anche il miglior programma rischia di rimanere lettera morta.

In definitiva, ciò che oggi si è visto al Circolo della Stampa è un passo necessario, ma non sufficiente. “Futuro in Comune” mette insieme tutte le anime del centrosinistra e dei movimenti civici disponibili, costruendo un contenitore potenzialmente vincente sul piano numerico. Ma resta il rischio — reale e concreto — che si tratti di un minestrone politico, dove l’unità è più formale che sostanziale, e dove la mancanza di un candidato forte e di una proposta dettagliata renda tutto fragile. Trieste merita di più. Ha bisogno di chiarezza, concretezza, scelte coraggiose. Se “Futuro in Comune” saprà passare dai manifesti ai fatti, dal minestrone alla strategia, potremo davvero parlare di nuova stagione politica. Se invece resterà solo un esercizio di alleanze, annunci e retorica, sarà l’ennesima conferma che in politica contano più i numeri che le idee, e che l’unità può trasformarsi in mediocrità.

[f.v.]




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