Basilicata

Francesco Costa, il Masaniello della musica lirica

L’intervista a Francesco Costa, direttore del Coro Lirico Siciliano, artefice di un linguaggio musicale nuovo, che sarà tra gli ospiti del Festival D’Autunno


Lo chiamano il Masaniello della lirica perché ama scatenare cambiamenti radicali nel mondo dell’opera. Francesco Costa, basso e direttore del Coro Lirico Siciliano è a tutti gli effetti artefice di un linguaggio musicale nuovo che si alimenta di inedite e accattivanti combinazioni. Sorprendenti per certi versi, ma che funzionano alla perfezione come amplificatore per l’approccio alla musica in maniera multipla. «Queste contaminazioni sono una scommessa che ci aiutano ad aprire gli orizzonti non solo del nostro io, della professione, ma anche della cultura affinché possa arrivare al cuore di chi sa ascoltare» spiega il maestro Francesco Costa che nel 2008, poco più che ventenne, ha fondato questa realtà diventata ormai punto di riferimento per giovani appassionati del “bel canto” e riconosciuta come uno dei più prestigiosi cori del nostro Paese.

Un progetto ambizioso partito dall’esigenza di assicurare un futuro lavorativo a coloro che investono molti anni della propria vita nello studio del canto in un contesto, quello del Sud, in cui per varie ragioni, le professioni culturali non trovano giusto riconoscimento, e che poi è anche riuscito nella missione di accendere i riflettori su siti di grande valore storico, per lungo tempo misconosciuti o abbandonati, come ad esempio i teatri di Tindari e Andromeda a Santo Stefano di Quisquina.

«Luoghi magici della nostra cultura tacciono a causa di una politica miope che si ferma, creando una grande inerzia che impedisce che venga esercitato il diritto alla cultura. Abbiamo sentito la responsabilità di restituire l’arte alla comunità e abbiamo scelto di farci spazio esclusivamente proponendo la qualità e riallacciando i fili con le nostre origini attraverso la musica» racconta Francesco Costa, già vincitore dell’Oscar della Lirica e che con merito ha conquistato sul campo la definizione di instancabile promotore della cultura musicale del Sud.

La sua ostinazione nel proseguire la sua opera di riscatto trapela visibilmente dalle parole che pronuncia quando lo raggiungiamo telefonicamente a pochi giorni dallo spettacolo Caruso e Altre Storie – Tributo a Lucio Dalla in prima nazionale il 6 agosto alle ore 22 nell’Arena Teatro Comunale di Soverato per l’apertura della Summer edition della 22esima edizione del Festival d’Autunno. Sul palco, il Coro Lirico Siciliano e l’Orchestra in residence, accanto alla voce intensa di Pierdavide Carone, già interprete e collaboratore dello stesso Dalla.

A fare da sfondo alla breve ma interessante conversazione ci sono le colonne sonore di film che hanno fatto la storia del cinema da “Il Gladiatore” a “Il Re Leone”. Sono ore fondamentali per preparare il concerto-evento dedicato a Hans Zimmer che da lì a poco sarà portato in scena al Teatro Antico di Taormina (che per la cronaca ha registrato sold out con 5mila persone e con l’esibizione di oltre 200 artisti tra coro e orchestra).

«Dietro un’ora di spettacolo a cui assiste il pubblico c’è un lavoro che presuppone impegno fisico da un lato, ma anche un lavoro dell’anima perché tutto funziona se si riesce a instaurare una corrispondenza di amorosi sensi con il pubblico. Per noi artisti è un dare se stessi. Inevitabilmente per arrivare a buoni risultati bisogna lavorare sodo e tenere in conto che anche quando si è raggiunta qualche soddisfazione il passo verso il precipizio è sempre lì in agguato. Lo studio e l’allenamento costante permette di rispettare la musica così come merita». È questa la filosofia che guida da sempre i passi di Francesco Costa che ci svela in anteprima il valore del progetto che porterà sotto le stelle della Perla dello Ionio, il significato della musica di Lucio Dalla riletta in chiave sinfonico-corale.

Maestro Costa, cosa si deve aspettare il pubblico da questo omaggio a Lucio Dalla?

«Lo spettacolo del 6 agosto è una vera opera di contaminazione tra musica classica e lirica. Rispetto a molti altri, noi non abbiamo semplicemente fatto delle cover. Abbiamo sviscerato il nucleo delle composizioni di Lucio Dalla che sono di matrice classica: era infatti innamorato del melodramma, della lirica, non a caso si è ispirato a Caruso per uno dei suoi brani più popolari oltre che attingere a Vivaldi. L’opera mette in risalto un Dalla cameristico e sinfonico».

«Grazie agli arrangiamenti di Corrado Neri siamo riusciti a far interagire, a far baciare due generi musicali: il melodramma con l’interpretazione del coro operistico e con la presenza di strumenti evocativi del genere classico come gli archi e il pianoforte. E sull’altro versante abbiamo aggiunto una strumentazione che ammicca a un generepiù folk, pop e più leggero come il sax soprano, la fisarmonica e la ritmica. Il prodotto che ne è derivato è unico. Senza interruzioni si passerà da “Anna e Marco” ad “Attenti al lupo”, fino “Alla Sera dei Miracoli”».

È un esperimento che avete già provato in passato? Come ha risposto il pubblico?

«Come Coro Lirico Siciliano abbiamo fatto due grandi monumenti di contaminazione: uno dedicato a Franco Battiato e l’altro a Lucio Dalla. Entrambi ispirati dalla classicità di questi “compositori”. A me piace definire Dalla come il Puccini contemporaneo perché riesce a raccontare i sentimenti, la carnalità, le viscere dell’uomo. La nostra sperimentazione permette di capire che approcciandosi all’opera di Dalla in maniera meno commerciale, ma in chiave più cameristica e sinfonica si scoprono sonorità che possono essere eseguite a tutti gli effetti in un teatro. Dalla e Battiato sono nel nostro palinsesto accanto all’Aida di Verdi a Turandot, a Carmina, a Cavalleria Rusticana».

«Si tratta di generi musicali contemporanei che sono diretti discendenti della musica classica. Grazie a queste sperimentazioni siamo riusciti ad avvicinare un pubblico che solitamente non è avvezzo al melodramma, al titolo operistico o al grande sinfonismo. Abbiamo portato a teatro oltre seimila spettatori (è successo a Siracusa quest’anno in occasione dell’Aida di Verdi). Per noi è una medaglia in questo momento storico in cui i teatri chiudono invece di aprire in una terra come la nostra in cui non è trovare spazio per fare cultura».

Possiamo dire che alla Calabria vi lega un rapporto di sintonia che cerca di consolidarsi sempre di più?

«Abbiamo creato un ponte culturale con l’idea di dare al Sud un’opportunità di rivalsa attraverso la musica di qualità. La Calabria è l’unica regione in cui non c’è un coro stabile o un’orchestra stabile e il nostro coro è popolato da molti giovani artisti calabresi. Pur mantenendo una vocazione internazionale (siamo sempre scritturati in Europa, Francia Spagna, Portogallo e anche Cina e Giappone), il nostro epicentro d’interesse resta il nostro Sud che grazie al movimento innescato dall’opera culturale può essere ammirato, considerato, curato. Spieghiamo alla politica che un concerto ha innumerevoli ricadute benefiche sul territorio. E non solo economiche. Il pubblico riconosce il bello e lo apprezza».


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