Francesca Albanese, il rapporto su Gaza e i territori palestinesi: occupazione e genocidio continuano perché sono redditizi
Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio: i profitti multimiliardari incassati da aziende di tutto il globo nel sostenere e mantenere il progetto di colonialismo d’insediamento israeliano. Il titolo dice già tutto e lo dice in modo chiaro. Su un territorio martoriato come quello palestinese oltre a occupazione e attacchi israeliani c’è una rete di vantaggi economici e tornaconti di mezzo mondo. Questo aveva anticipato a Vanity Fair Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, e questa racconta nel rapporto ora pubblicato.
Nel presente rapporto, si legge nella sintesi iniziale, «il Relatore Speciale sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967 indaga sui meccanismi aziendali che sostengono il progetto coloniale israeliano di sfollamento e sostituzione dei palestinesi nei territori occupati. Mentre leader politici e governi si sottraggono ai propri obblighi, troppe entità aziendali hanno tratto profitto dall’economia israeliana dell’occupazione illegale, dell’apartheid e ora del genocidio. La complicità denunciata dal rapporto è solo la punta dell’iceberg; porvi fine non sarà possibile senza chiamare a rispondere il settore privato, compresi i suoi dirigenti. Il diritto internazionale riconosce diversi gradi di responsabilità, ognuno dei quali richiede un esame approfondito e un’assunzione di responsabilità, in particolare in questo caso, dove sono in gioco l’autodeterminazione e l’esistenza stessa di un popolo. Questo è un passo necessario per porre fine al genocidio e smantellare il sistema globale che lo ha permesso».
C’è, secondo il rapporto, una economia legata all’occupazione che va avanti da decenni per Israele. «La violenza militarizzata ha creato lo Stato di Israele e rimane il motore del suo progetto di insediamento coloniale. I produttori di armi israeliani e internazionali hanno sviluppato sistemi sempre più efficaci per cacciare i palestinesi dalle loro terre. Collaborando e competendo, hanno perfezionato tecnologie che consentono a Israele di intensificare l’oppressione, la repressione e la distruzione. L’occupazione prolungata e le ripetute campagne militari hanno fornito un banco di prova per capacità militari all’avanguardia: piattaforme di difesa aerea, droni, strumenti di puntamento basati sull’intelligenza artificiale e persino il programma F-35 guidato dagli Stati Uniti d’America. Queste tecnologie vengono poi commercializzate come “collaudate in battaglia”….Tra il 2020 e il 2024, Israele è stato l’ottavo maggiore esportatore di armi al mondo.51 Le due
più importanti aziende israeliane produttrici di armi – Elbit Systems, costituita come partenariato pubblico-privato e successivamente privatizzata, e la Israel Aerospace Industries, di proprietà statale – sono tra
i 50 principali produttori di armi a livello mondiale».
Francesca Albanese racconta poi delle aziende internazionali che contornerebbero questa economia di occupazione, di guerra e poi di genocidio. Sono multinazionali, università, banche, fondi di investimento, aziende della tecnologia. Ne sono citate 48, quelle che hanno avuto informazione delle indagini, ma ce ne sono molte altre:, Google, Amazon, Hp, Microsoft, Ibm, l’italiana Leonardo, Chevron, Caterpillar, Volvo, Hyundai, Lockheed Martin, Airbnb.
«Dopo l’ottobre 2023, le armi e le tecnologie militari utilizzate per promuovere l’espulsione palestinese sono diventate strumenti per uccisioni e distruzioni di massa, rendendo Gaza e parti della Cisgiordania inabitabili. Le tecnologie di sorveglianza e incarcerazione, normalmente utilizzate per imporre la segregazione/apartheid, si sono evolute in strumenti per colpire indiscriminatamente la popolazione palestinese. Macchinari pesanti precedentemente utilizzati per demolizioni di case, distruzione di infrastrutture e sequestro di risorse in Cisgiordania sono stati riutilizzati per cancellare il paesaggio urbano di Gaza, impedendo alle popolazioni sfollate di tornare e ricostituirsi come comunità».
Queste le conclusioni. «Mentre la vita a Gaza viene annientata e la Cisgiordania è sottoposta a un crescente
assalto, il presente rapporto mostra perché il genocidio perpetrato da Israele continua:
perché è redditizio per molti. Facendo luce sull’economia politica di un’occupazione
diventata genocida, il rapporto rivela come l’occupazione eterna sia diventata
il banco di prova ideale per i produttori di armi e le grandi aziende tecnologiche, garantendo un’offerta e una domanda illimitate, scarsa supervisione e zero responsabilità, mentre investitori e
istituzioni pubbliche e private ne traggono liberamente profitto. Troppe influenti entità aziendali
rimangono inestricabilmente legate finanziariamente all’apartheid e al militarismo israeliani.
Dopo l’ottobre 2023, con il raddoppiamento del bilancio della difesa israeliano e in un periodo di
calo della domanda, della produzione e della fiducia dei consumatori, una rete internazionale di
imprese ha sostenuto l’economia israeliana. Blackrock e Vanguard si classificano
tra i maggiori investitori in aziende di armi fondamentali per l’arsenale genocida di Israele. Le principali banche globali hanno sottoscritto titoli del Tesoro israeliani, che hanno finanziato la devastazione, e i maggiori fondi sovrani e pensionistici hanno investito in titoli pubblici e risparmi privati nell’economia genocida, pur sostenendo di rispettare le linee guida etiche».
L’invito di chi ha redatto il rapporto è a imporre sanzioni, interrompere rapporti, fermare business, dare supporto e riparazioni al popolo palestinese. La richiesta è anche di una prosecuzione giudiziaria.
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