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Force Blue, Flavio Briatore insiste: vuole essere risarcito per la vendita del suo maxi yacht con 12,6 milioni di euro


La Cassazione gli aveva dato torto, ma ora lui ha fatto causa alla presidenza del consiglio. Flavio Briatore insiste e vuole essere risarcito per la vendita del suo yacht, il Force Blue. Lo scrive Repubblica, ricordando che il panfilo era stato venduto nel 2021 all’ex patron della Formula Uno, Bernie Ecclestone. Ora Briatore chiede 12 milioni e 660mila euro alla presidenza del consiglio, in solido con l’amministratore giudiziario che manterialmente realizzò la vendita, ordinata dai giudici della Corte d’Appello di Genova.

Un anno prima, però, la maxi-barca (62 metri per 1.325 tonnellate di stazza lorda, la 78esima più grande al mondo) era stata messa all’asta dalla Corte d’Appello a procedimento ancora in corso, per i costi di gestione troppo alti e il rischio di deperimento. Ad aggiudicarsela, per 7,5 milioni di euro (mezzo milione in più della base d’asta) era stato l’ex patron della Formula 1 Bernie Ecclestone, peraltro amico di lunga data di Briatore. Così, dopo l’assoluzione, a Briatore era rientrato in tasca soltanto quell’importo (e nemmeno tutto), cioè una somma molto lontana dai 19 milioni che i suoi legali identificano come il giusto valore dello yacht (il prezzo di mercato stimato dai broker della nautica, invece, era di 15 milioni circa).

Per avere indietro la differenza, oltre dieci milioni di euro, Briatore si era rivolto alla stessa Corte genovese, che però gli aveva dato torto nel merito: la base d’asta, scrivevano i giudici, era quella corretta “sulla base delle caratteristiche concrete del natante, del suo marchio non rinomato e da ricondurre ad un cantiere che ha cessato l’attività”, nonché “del tempo necessariamente limitato per procedere alla vendita giudiziale senza incorrere in ulteriori perdite, a fronte di un periodo normalmente impiegato di circa 12-18 mesi”. Una decisione confermata dalla Cassazione. Ma ora Briatore vuole essere risarcito, per questo ha fatto causa davanti al tribunale di Torino alla presidenza del Consiglio. Nel caso i giudici piemontesi dovessero dare ragione all’imprenditore, Palazzo Chigi potrebbe rivalersi sui magistrati genovesi.


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