Economia

Fisco e imprese. Scudo penale e sanzioni azzerate: cosa cambia con l’adempimento collaborativo


MILANO – Il consiglio dei ministri ha approvato giovedì altri due decreti di attuazione della riforma fiscale. Sul tavolo, i temi dell’adempimento collaborativo e del contenzioso. Obiettivo dichiarato del viceministro all’Economia e architetto della riforma, Maurizio Leo, è “avere un rapporto collaborativo senza abbassare la guardia sull’evasione”. Gli interventi riguardano in particolare la relazione tra Fisco e imprese. Abbiamo chiesto a Federico Pacelli, partner di Dla Piper, di guidarci nelle novità previste dal governo. Ecco le sue risposte alle domande sulle principali novità.

In cosa consiste l’adempimento collaborativo?

Nasce da una intuizione dell’amministrazione finanziaria. Risponde alla logica di rendere più efficaci i controlli dell’amministrazione finanziaria, contenendone i costi. Spesso, questi sono elevati perché l’amministrazione, quando si confronta con grandi gruppi multinazionali, non dispone di sufficienti informazioni a loro riguardo: c’è asimmetria. L’adempimento collaborativo, o cooperative compliance, non è altro che un “canale privilegiato” di dialogo dei grandi gruppi con l’amministrazione finanziaria, ideato proprio per colmare l’asimmetria e ottenere trasparenza da loro. L’azienda comunica in anticipo quali sono le operazioni potenzialmente a rischio fiscale. In cambio, l’Agenzia le “offre” qualcosa: certezza fiscale. E’ un processo win-win: l’amministrazione può gestire meglio la materia imponibile, la multinazionale evita perdite di utili derivanti da accertamenti, imposte sanzioni. E anche limita i rischi reputazionali derivanti da “scandali fiscali” o simili.

In che misura è una novità?

L’Italia l’ha introdotto nel 2015, dopo un progetto pilota partito nel 2013. L’amministrazione finanziaria ha iniziato a verificare che tipologie di sistemi di controllo interno dei rischi fiscali ci fossero presso le multinazionali. Alcune aziende, come le banche, già li prevedevano per la loro regolamentazione peculiare. Nel caso delle industrie, non era sempre previsto. Nel corso di queste sperimentazioni iniziali, l’Agenzia delle entrate ha iniziato a elaborare di cosa si dovesse dotare un’impresa per entrare nel percorso dell’adempimento collaborativo. E’ il cosiddetto Tax Control Framework (TCF), che possiamo considerare come un “pezzo” degli altri sistemi di controllo interno che già esistevano (ad esempio in materia amministrativo – contabile), focalizzato sul rischio fiscale.

Finora l’adempimento collaborativo ha riguardato le imprese sopra 1 miliardo di ricavi: nemmeno un centinaio. Il decreto prevede di scendere a 750 milioni di euro nel 2024-2025, 500 milioni nel 2026-2027 e 100 milioni dal 2028. Cosa cambierà?

Finora hanno aderito 94 aziende: il numero è pubblico, anche perché chi accede a questo meccanismo di trasparenza viene menzionato dall’Agenzia delle entrate. In un mondo che premia sempre più la comunicazione trasparente delle grandi multinazionali, la presenza in quell’elenco è rilevante. La prospettiva è di ampliare molto quella soglia, anche se nelle imprese italiane – soprattutto a gestione familiare – è molto diffusa la forma mentis per cui è difficile fidarsi del Fisco. In ogni caso, credo che l’interesse si estenderà a centinaia di imprese.

Cosa devono fare per entrare?

Entra in gioco la “certificazione” del sistema di controllo del rischio fiscale, il TCF. Prima della riforma attuale, l’Agenzia delle entrate verificava il TCF sia dal punto di vista dell’architettura che da quello del merito. Il TCF consiste in una mappatura dei rischi fiscali associati ai processo aziendale e a cui sono abbinati specifici presidi di controllo. Il TCF è gestito in base a specifiche regole di governance con attribuzione di ruoli e responsabilità. Inizialmente, il controllo di questa matrice era interamente addossato sull’Agenzia delle entrate. Ora, visto il potenziale allargamento della platea, si mutua dall’esperienza di alcuni Paesi europei il fatto che il TCF deve esser certificato obbligatoriamente da professionisti abilitati. Questo rappresenta certo un costo per il contribuente, e un vantaggio per l’Ade che risparmia risorse. Ma proprio per questo si offrono anche benefici al contribuente stesso.

Infatti si parla di scudo sulle sanzioni. Quali vantaggi ci sono per chi entra nella cooperative compliance?

Un aspetto critico fin da subito era l’esposizione al rischio penale. Nello schema di decreto è previsto che chi è in cooperative compliance e comunica preventivamente all’amministrazione finanziaria l’esistenza di rischi fiscali, non è punibile ai fini della dichiarazione infedele: il reato tipico che non prevede intenti fraudolenti. In caso di frode, infatti, la sanzione penale non viene meno.

Ci può fare un esempio?

Sono una multinazionale che produce per la casa madre Usa. A un certo punto, per ragioni di calo del mercato devo rinunciare a un impianto con 100 lavoratori. I costi di questa ristrutturazione li tengo a conto economico, registrando una perdita. L’Agenzia delle entrate contesta però il fatto che quei costi andrebbero riaddebitati alla casa madre Usa, per la normativa sui prezzi di trasferimento: fuori dalla cooperative compliance, un simile comportamento avrebbe generato una segnalazione alla Procura.

E le sanzioni?

Ad oggi, ci sono tantissime ipotesi di violazione e di conseguenza tantissime sanzioni relative. La novità più rilevante è la non punibilità – quindi sanzioni azzerate – per tutti i rischi fiscali che vengono comunicati in anticipo dall’azienda all’Agenzia delle Entrate. Un esempio: sono un’azienda che acquista una consociata produttiva in Romania, che dal 2024 fabbricherà per me delle borse. Gli acquisti di queste borse sono operazioni infragruppo, il cui prezzo deve essere in linea con quello che avrebbero concordato parti indipendenti. Ma sulla determinazione di questo prezzo, ci sono diverse possibili interpretazioni. Se io ne avessi dato una, sulla quale l’Agenzia non fosse d’accordo, avrei dovuto adeguarmi con un ravvedimento operoso e il pagamento di sanzioni. Oggi, se il rischio fiscale collegato a quel nuovo processo aziendale l’ho comunicato preventivamente, queste sanzioni non le pago più. E se il rischio l’ho indicato nella mia mappa del TCF, pur senza aver comunicato specificatamente quella singola operazione, otterrò comunque il dimezzamento delle sanzioni in caso di contestazione da parte dell’Agenzia delle entrate. In sostanza: se comunichi preventivamente il rischio fiscale sei al riparo dalle sanzioni; se lo includi nella tua mappa ma non lo comunichi nel dettaglio, le sanzioni sono dimezzate.

Per chi mappa i propri rischi c’è anche un vantaggio sugli accertamenti?

Chi certifica il proprio TCF ottiene un taglio di due anni, da cinque a tre, nelle ipotesi di accertamento sulle casistiche tradizionali (non parliamo, dunque, di omessa dichiarazione). E c’è una ulteriore possibilità di riduzione di un anno in caso di ottenimento della “certificazione tributaria”, che esiste già dal 1997 in relazione uno specifico periodo d’imposta.

Un diverso decreto interviene anche sul contenzioso. I punti qualificanti per il governo sono:

  • informatizzazione e digitalizzazione degli atti processuali (si rafforza l’utilizzo delle modalità telematiche nella gestione del processo, prevedendo che tutte le comunicazioni siano effettuate tramite PEC e che le notifiche e i depositi di tutti gli atti avvengano solo telematicamente. Si prescrive, inoltre, la sottoscrizione con firma digitale di tutti gli atti e i provvedimenti del giudice, degli ausiliari, delle segreterie, delle parti e dei difensori. Si introduce, infine, il principio della redazione in modo chiaro e sintetico degli atti);
  • udienza da remoto – Viene previsto che se una parte chiede di partecipare in presenza e l’altra da remoto, la discussione della causa si tiene in presenza, ma la parte che lo ha chiesto può comunque partecipare all’udienza, collegandosi a distanza;
  • Conciliazione – Per ridurre il contenzioso in Cassazione, si estende l’istituto della conciliazione alle controversie lì pendenti.

Source link

articoli Correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Translate »