Fine vita, in Emilia Romagna confermato un caso di suicidio assistito
In Emilia Romagna sarebbe avvenuto un caso di suicidio assistito attraverso un’Ausl. Lo ha confermato la stessa Regione, dopo una verifica dei dati delle aziende sanitarie, all’associazione Luca Coscioni all’interno di una risposta alla richiesta di accesso agli atti avanzata dall’associazione che promuove il fine vita.
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In particolare, dal documento inviato dalla Regione emergerebbe che “risultano pervenute presso le aziende sanitarie dell’Emilia Romagna tre richieste di suicidio medicalmente assistito”, di cui una risulta “esitata”, ovvero portata a termine. È specificato che per queste richieste “non è mai stato necessario l’intervento dell’Autorità giudiziaria” e l’associazione Luca Coscioni ha negato di aver seguito i casi.
È una notizia di una certa rilevanza perché in Italia manca una legge sul fine vita, e questo fa sì che ciascuna Regione adotti le proprie regole in tema di suicidio assistito, una pratica a cui le persone – e la risposta lo conferma – chiedono di accedere. Mentre infatti il Toscana è stata approvato un disegno di legge, il governo dell’Emilia-Romagna si è limitato a trasmettere delle linee guida alle Aziende sanitarie per gestire le domande di suicidio assistito. La proposta di legge popolare lanciata dall’associazione Luca Coscioni ha raccolto nel territorio emiliano-romagnolo 7.300 firme contro le 5mila richieste, ma il progetto di legge deve ancora essere discusso all’interno del Consiglio regionale.
Per Matteo Mainardi della Luca Coscioni, i numeri che riguardano la nostra regione potrebbero essere molto più alti: “C’è un’incongruenza tra il numero di persone che si rivolgono alla nostra associazione e il numero di richieste registrate dalla Regione. Dall’approvazione della determina di Giunta a oggi, attraverso il Numero Bianco per i diritti nel fine vita, sono state fornite informazioni sulle procedure all’interno delle ASL a 45 persone in Emilia Romagna”, ha dichiarato.
La mancanza di regole universali spinge chi vuole fare valere il proprio diritto al fine vita a cercare aiuto altrove, spesso nei paesi esteri in cui l’accesso al suicidio assistito è meno ostacolato. È stato il caso di una donna bolognese, Paola R., che dopo anni di lotta contro il morbo di Parkinson ha scelto di morire volontariamente in Svizzera. Alla fine della vicenda i suoi accompagnatori, tra cui il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, si sono auto-denunciati alle autorità. Per un caso simile ora Cappato e due attiviste, Felicetta Maltese e Chiara Lalli, dovranno affrontare un processo a Firenze.
“Chiediamo che anche il Consiglio Regionale dell’Emilia-Romagna possa finalmente discutere e approvare la nostra proposta di legge – è l’appello di Cappato – : tra due giorni si terrà la Conferenza Stato-Regioni che avrà all’ordine del giorno proprio il tema del fine vita. In quell’occasione, anche la Regione Emilia-Romagna potrà chiedere che si approvino in tutte le altre Regioni delle buone regole e procedure che diano alle persone che soffrono tempi di risposta e modalità certi da parte del Servizio sanitario alla richiesta di aiuto alla morte volontaria”.
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