Economia

Finanza sostenibile, la sfida è rendere le Pmi bancabili


La finanza “verde” esiste, ma resta troppo complessa per essere davvero accessibile a micro, piccole e medie imprese. È questo il messaggio che emerge dal position paper promosso dall’ASviS e dalle organizzazioni firmatarie del Patto di Milano, che rappresentano il cuore del sistema produttivo ed economico del Paese.

Il punto non è la mancanza di volontà. Le Pmi condividono gli obiettivi di decarbonizzazione e sostenibilità, ma si trovano di fronte a barriere operative che rendono il percorso quasi impraticabile: questionari Esg troppo articolati, standard differenti tra banche e fondi, costi di consulenza elevati e tempi di risposta incompatibili con le esigenze industriali.

La frammentazione degli strumenti Esg, denuncia il documento, è uno dei principali colli di bottiglia. Ogni operatore finanziario utilizza metriche diverse, schemi di rendicontazione non omogenei e richieste informative spesso ipertrofiche. Il risultato è un sistema che scoraggia le imprese più piccole, spingendole a rinunciare in partenza all’accesso a linee di credito legate alla sostenibilità.

Il documento sottolinea un paradosso: la finanza sostenibile nasce per accelerare la transizione, ma rischia di trasformarsi in un fattore di esclusione. Soprattutto per le imprese meno strutturate, che non dispongono di uffici dedicati alla compliance Esg e non possono sostenere i costi di percorsi di certificazione complessi.

Le richieste al legislatore sono molto chiare. Le organizzazioni del Patto di Milano chiedono una semplificazione normativa, l’armonizzazione degli standard Esg e l’introduzione di strumenti di supporto mirati alle Pmi.

Altro tema centrale è la necessità di costruire una vera “finanza di transizione”: non solo prodotti verdi puri, ma strumenti capaci di accompagnare le aziende lungo percorsi graduali di decarbonizzazione e miglioramento delle performance ambientali. Prestiti legati a obiettivi intermedi, garanzie pubbliche dedicate, fondi rotativi e meccanismi di blending – cioè strumenti che combinano risorse pubbliche e private per rendere finanziabili progetti altrimenti considerati troppo rischiosi – vengono indicati come leve prioritarie.

Senza questi interventi, avverte il documento, la transizione rischia di restare un processo guidato solo dalle grandi imprese. Il contributo delle Pmi, che rappresentano l’ossatura del sistema produttivo italiano, deve diventare una componente strutturale delle politiche di sostenibilità. La finanza sostenibile, conclude il documento, non può essere solo uno strumento di selezione: deve diventare un’infrastruttura industriale, capace di includere e accompagnare.


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