Società

Figli all’università: il Tar concede ai genitori l’accesso ai dati per rivedere il mantenimento (ma resta il segreto sui voti)

Il padre divorziato ha il diritto di conoscere il percorso universitario del figlio, anche se è solo intenzionato a valutare se avviare o meno un giudizio per chiedere la revisione o la cessazione dell’assegno di mantenimento del figlio.

Lo ha stabilito il Tar del Veneto con una decisione di pochi giorni fa, che ha accolto il ricorso di un padre contro l’Università di Padova, che gli aveva negato l’accesso ai dati del figlio opponendo il diritto alla privacy del ragazzo (che non voleva si sapessero i suoi voti). Secondo l’Università, il padre non aveva un «interesse giuridico» attuale, non avendo alcuna causa in corso legata all’attività di studio del figlio.

Si sa che la Giustizia è una bilancia e che i giudici devono sempre soppesare diritti e interessi contrapposti.

Secondo il Tar, le esigenze del padre «risultano prevalere sull’interesse alla riservatezza del figlio», in quanto dall’esito del percorso universitario di quest’ultimo dipendono anche le sorti (e l’ammontare) dell’obbligo di mantenimento del genitore. Per i giudici amministrativi, l’accesso agli atti deve essere consentito «anche quando l’istante deve valutare se adire il giudice e quindi necessita dei documenti per curare al meglio i propri interessi». In particolare, il Tar ha deciso che l’Università deve consegnare al padre i documenti che attestano l’effettiva iscrizione del figlio alla facoltà, gli esami sostenuti con le relative date e l’eventuale conseguimento della laurea.

Una decisione analoga è stata presa dal Tar della Toscana che, il 27 giugno scorso, ha stabilito che il genitore separato ha il diritto di conoscere la situazione universitaria della figlia maggiorenne, se tale informazione è necessaria per decidere se rivedere l’assegno di mantenimento della figlia. Anche secondo il Tar della Toscana, quindi, l’interesse del genitore prevale sulla privacy della figlia, ma con un limite ben preciso: l’interesse della figlia a mantenere la riservatezza sulle votazioni riportate nei singoli esami. Dunque, resta il segreto sui voti perché, secondo il Tribunale amministrativo regionale, la conoscenza dei voti non è necessaria per determinare la permanenza dell’obbligo del genitore di mantenere la figlia.

Il Tar della Toscana richiama anche l’art. 30 della Costituzione, che sancisce il diritto-dovere di istruire ed educare i figli, dovere che certamente non può essere esercitato dal genitore senza avere conoscenza dell’evoluzione della carriera universitaria del figlio.

Del resto, per la legge il diritto al mantenimento del figlio maggiorenne non ha durata illimitata, ma si giustifica solo all’interno di un progetto educativo e cioè del percorso formativo prescelto in funzione delle capacità, delle inclinazioni e delle aspirazioni del figlio stesso. Se, dunque, l’assegno per il figlio ha una funzione educativa e non assistenziale, allora il dovere di mantenimento del genitore viene meno se il figlio universitario non studia e non dà esami.

La Corte di cassazione ha più volte ribadito il principio per cui non ha più diritto al mantenimento il figlio che, pur avendo un’età adulta nella quale il percorso scolastico-formativo, nella normalità dei casi, dovrebbe essere ampiamente concluso, non ha completato gli studi o non ha raggiunto l’indipendenza economica perché non si è impegnato per raggiungere i suoi obiettivi.

Complimenti al Tar, dunque, che attribuisce ai genitori il diritto di sapere come stanno realmente le cose, per un principio molto semplice e di buon senso e cioè quello per cui alla responsabilità del genitore deve corrispondere un potere adeguatamente proporzionato e sempre indirizzato alla migliore tutela del figlio. E l’interesse del figlio non è quello di ricevere senza dare, perché sarebbe un insegnamento immorale e diseducativo.

Ma che famiglia è quella in cui un genitore deve ricorrere al giudice per conoscere l’andamento universitario del figlio?

Oltre questa sentenza è necessaria una profonda e intima riflessione sulle relazioni familiari: padre, madre, figlio, figlia, ricominciamo a parlarci, a conoscerci, ad amarci e a rispettarci. Questa è certamente la legge migliore di cui possiamo disporre.

Se volete chiedere un parere all’avvocatessa o condividere i vostri dubbi potete scrivere a:
lettere@vanityfair.it


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