Fernando, malato di tumore, e Sfia, sfrattata con i figli: le storie di chi ce l’ha fatta grazie a Sant’Egidio
Genova. Sfia ha 51 anni, un sorriso dolcissimo e uno sguardo luminoso. Fernando parla piano: è originario del Perù, e lo spagnolo ancora si mescola alle parole italiane che sta imparando. Entrambi sono arrivati a Genova senza conoscere la lingua, con poche risorse economiche, senza lavoro e senza reti sociali. Ed entrambi sono riusciti a risalire la china grazie al supporto della Comunità di Sant’Egidio, che li ha aiutati a trovare un lavoro e una casa e a imboccare la strada che stanno percorrendo per gettare le radici.
Sfia e Fernando hanno partecipato mercoledì mattina alle celebrazioni per i dieci anni della mensa di Sant’Egidio, il servizio che la comunità ha aperto nel 2015 nei locali di Auxilium di piazza Santa Sabina. Al suo interno operano circa 250 volontari che garantiscono un pasto caldo a chi è in difficoltà cinque giorni su sette, tutto l’anno. Persone che insieme al piatto offrono sorrisi, sostegno, chiacchiere e soprattutto informazioni utili a ricostruirsi una vita. Fernando e Sfia lo hanno fatto, ricominciando senza sentirsi soli.
Le storia di Fernando e Sfia
“Sono arrivato a Genova nel 2023, sono malato di un tumore neuroendrocrino e quando sono arrivato in città ho preso contatti con la comunità di Sant’Egidio – spiega Fernando – Mi hanno riservato un’accoglienza meravigliosa, prima in mensa, poi mi hanno trovato una casa, e ringrazio Dio di averli trovati. Senza di loro non so come avrei fatto”.
Più complessa, e più lunga, la storia di Sfia: “Sono arrivata in Italia nel 2009 con i miei figli, che oggi hanno 19, 14 e nove anni – racconta – Avevo un po’ di difficoltà, mio marito aveva perso il lavoro. Ho conosciuto la comunità grazie alla Scuola della Pace, che frequentano i miei figli. Mi hanno aiutato tanto, hanno capito i miei problemi. Avevo una casa con la muffa, mi hanno trovato un’altra casa per quattro anni, e anche un lavoro. Sono rimasti al mio fianco sino a quando ho trovato una casa popolare, e oggi aiuto i volontari a dare assistenza”.
Per Sfia il punto più basso è stato quanto ha ricevuto lo sfratto, ed è stato allora che i volontari si sono messi in gioco in prima persona: “Avevo i miei figli, ero senza lavoro, non parlavo italiano. Mi sono stati vicini, alcuni mi hanno detto che potevo andare a casa loro, che non mi avrebbero lasciato in mezzo alla strada. Non mi sono mai sentita sola”.
Il progetto Housing First e la rete dei volontari
Sant’Egidio, oltre a garantire pasti, è diventato ormai un punto di riferimento per le persone in difficoltà e per chi non ha nessuno cui rivolgersi in una città sconosciuta. Grazie al programma Housing First ha messo a disposizione di quasi 100 persone senza fissa dimora un alloggio temporaneo, e aiutato 79 di loro a trovare una casa. I volontari inoltre assistono chi ha bisogno di informazioni su questioni pratiche, dalla richiesta di bonus alla ricerca di lavoro passando per l’iscrizione dei figli all’asilo o a scuola.
“In questi anni siamo stati investiti da molte crisi, mai affrontate e risolte del tutto – conferma Andrea Chiappori, responsabile di Sant’Egidio – Le persone sono sempre più sole di fronte a tante crisi e non sanno come fare a uscirne, spesso subentra la rassegnazione, che noi vediamo in tanti modi manifestarsi in società, dall’assenza del voto al lasciarsi andare. Creso sia necessario fare una rivoluzione culturale davanti alla povertà, è un punto di partenza pr cambiare tante altre cose della nostra società. Uscire della povertà è possibile, e noi ne abbiamo avuto la dimostrazione pratica e concreta”.