Feelin’ Alright 1967-1972 – L’anima ruvida del rock britannico

Sporco di funk, ubriaco di soul e tagliato col coltello del blues più arrugginito. Lungo le strade bagnate della Londra post-Swinging, mentre gli ultimi petali del Flower Power marciscono nelle pozzanghere di un’epoca che ha già detto tutto (forse persino troppo), si aggira un suono nuovo: più viscerale, complesso ed elettrico.
È qui, nel cuore di questa piccola rivoluzione, che ci porta “Feelin’ Alright? – Mod, Rock, Funky Prog & Heavy Jazz 1967-1972″, sontuoso box set da tre CD pubblicato dalla Cherry Red Records, che come sempre non sbaglia un colpo quando si tratta di riscoprire i fili nascosti del tessuto rock britannico. Sessantaquattro tracce per mappare un periodo breve ma esplosivo: un quinquennio in cui il rock inglese si imbratta le mani con tutto ciò che arriva d’oltreoceano – jazz, funk, soul, garage, blues, R&B… – e lo restituisce in una forma nuova, più libera e dura.
Il titolo del box viene non a caso dalla celebre “Feelin’ Alright” scritta da Dave Mason dei Traffic, qui presente nella versione originale interpretata dallo stesso Mason: un manifesto perfetto per lo spirito di questa raccolta, lontana dai colori lisergici della psichedelia e dalle visioni fantasy/bucoliche del folk, e molto più interessata al corpo che alla mente. O, se preferite, molto più vicina alla terra che al cielo.
La selezione tocca tutte le coordinate più ruvide e pulsanti del soul/blues rock, dell’hard rock e del proto-metal britannico: il funk muscoloso dei CCS o Collective Consciousness Society (“Brother”), il groove travolgente di Julie Driscoll e Brian Auger, il blues urticante dei Chicken Shack, la ruspante eleganza soul-jazz di Georgie Fame (“Somebody Stole My Thunder”) e le fughe progressive dei Manfred Mann Chapter Three (“One Way Glass”).
All’appello non mancano ovviamente i grandi pionieri del rock: John Mayall con i suoi Bluesbreakers, Alexis Korner (insieme ai CCS), Graham Bond con la sua formazione post-Organization. E poi ancora i Fleetwood Mac del periodo Peter Green, i Deep Purple della formazione originale (quelli di “Hush”), gli Spooky Tooth, gli Small Faces e la loro evoluzione nei Faces (con Ronnie Wood e un Rod Stewart già in odore di leggenda), fino ad arrivare a nomi meno noti come Johnny Almond Music Machine o i Mighty Baby.
Come da tradizione Cherry Red ogni brano è corredato da note approfondite, ricchissime di contesto, fonti e dettagli. Degne di un vero e proprio archivio storico, ma mai ridondanti o noiose. Ogni traccia ha una storia, un retroscena, un’eco lontana di un’epoca in cui i singoli iniziano a lasciare spazio agli album, e la forma-canzone si apre a orizzonti più complessi e contaminati. Nessuno spazio, però, per l’autoreferenzialità. Il criterio è chiaro: niente jam prolisse o astrattismi “masturbatori” da sala prove – qui si balla, si suona col corpo, ci si muove con pesantezza tra torridi giri di basso funk, riff di chitarra blues e organi Hammond che fumano come ciminiere londinesi.
“Feelin’ Alright” non è solo una raccolta: è una visione d’insieme su un momento musicale che troppo spesso viene ridotto a passaggio intermedio tra la psichedelia beatlesiana e l’hard rock zeppeliniano. Qui questa fase di passaggio assume finalmente una forma autonoma, compatta e definita: un linguaggio musicale a sé, figlio del Beat e del Mod, ma cresciuto con i dischi di Otis Redding, James Brown, Jimi Hendrix e Miles Davis.
Un’epoca d’oro in cui Rod Stewart cantava come un vecchio soulman da New Orleans, i Creation si lanciavano in devastanti assalti R&B e i Traffic univano funk e spiritualità con un senso del ritmo che oggi farebbe gola a qualunque producer hip hop.
Insomma, se amate il rock inglese davvero vintage ma siete stanchi dei soliti nomi e delle solite playlist, questo box set è una manna dal cielo. Una mappa sonora che attraversa un territorio forse poco battuto ma incredibilmente ricco. Un archivio vivente pieno zeppo di chitarre sature e urgenza elettrica.
Per raccontarvi ancora meglio l’immensità di questa opera, ho preparato solo per voi una bella Top 10 del meglio di “Feelin’ Alright? – Mod, Rock, Funky Prog & Heavy Jazz 1967-1972″. Pronti a (ri)scoprire un pezzo di storia del rock che pulsa ancora fortissimo?
SHARON TANDY
Hold On
Una potentissima traccia soul rock interpretata con grande sensualità da Sharon Tandy, cantante sudafricana trasferitasi in Inghilterra nel 1964. Incisa nel 1967 con la band mod Fleur De Lys, la canzone brilla per l’intensità vocale di Tandy e l’infuocato assolo di chitarra di Bryn Haworth. Inizialmente pubblicata come lato B, fu poi rilanciata come singolo nel 1968.
LOVE SCULPTURE
Think Of Love
Blues rock decisamente molto energico da parte dei Love Sculpture, band gallese guidata dal chitarrista e cantante Dave Edmunds. Pubblicata nel 1968 come lato B del singolo “Sabre Dance”, la canzone colpisce positivamente per il suo ritmo incalzante e la chitarra grintosa.
THE ATTACK
Feel Like Flying
Un buon brano di hard rock psichedelico registrato nel 1968 ma rimasto inedito fino al 1990. Una band assai sfortunata, dalla vita decisamente molto breve, che non riuscì a godere del sostegno di una label importante come la Decca.
BLODWYN PIG
Sing Me A Song That I Know
Un brano grandioso firmato Blodwyn Pig, band fondata nel 1968 dall’ex chitarrista dei Jethro Tull Mick Abrahams. La canzone fa parte dell’album di debutto “Ahead Rings Out” del 1969. Il pezzo riflette le influenze jazzistiche che caratterizzano il vivace sound hard/blues rock del gruppo.
THE OPEN MIND
Magic Potion
Un brano caratterizzato da sonorità pesanti e sfumature psichedeliche, dal tono quasi proto-metal. Si fa notare principalmente per l’ottima prova del batterista. Aleggia lo spirito aperto e sperimentale della fine degli anni Sessanta.
PUSSY
G.E.A.B.
“G.E.A.B.” è un brano strumentale dei Pussy, tratto dal loro unico e oggi introvabile album intitolato “Pussy Plays”. Scritto da Danny Beckerman e Barry Clark, il pezzo fonde jazz e hard rock in un’atmosfera fumosa e blueseggiante. La canzone è impreziosita da ottimi solos di organo e chitarra elettrica.
BRIAN AUGER’S OBLIVION EXPRESS
Fill Your Head With Laughter
“Fill Your Head With Laughter” è un brano dei Brian Auger’s Oblivion Express tratto dall’album “A Better Land” del 1971. Rispetto al più energico debutto all’insegna del jazz rock, il disco in questione abbraccia toni più morbidi, tra chitarre acustiche e armonie vocali. La canzone inclusa nel box set sprigiona un groove soul gioioso, dominato dal celebre Hammond di Auger.
AFFINITY
I Am And So Are You
“I Am And So Are You” è un potentissimo brano degli Affinity, tratto dal loro omonimo album d’esordio pubblicato per la Vertigo. Con la voce intensa di Linda Hoyle e l’Hammond di Lynton Naiff, il pezzo fonde magistralmente l’energia hard rock con raffinatezze jazz. Il tutto è reso ancor più grandioso dall’arrangiamento per fiati firmato nientepopodimeno che da John Paul Jones.
FUZZY DUCK
More Than I Am
Una gemma dimenticata del prog britannico, potente e trascinante. Scritto e cantato dal bassista Mick Hawksworth, il pezzo unisce alla perfezione l’hard rock corposo alla Deep Purple a un groove funk praticamente inarrestabile. Il suono è reso ancor più incisivo dall’organo di Roy Sharland e dalla chitarra di Grahame White.
WALRUS
Who Can I Trust
Singolo d’esordio per i dimenticatissimi Walrus, band londinese composta da otto elementi e influenzata da gruppi americani come Blood, Sweat & Tears e Chicago. Scritto dal fondatore Steve Hawthorn, il brano uscì nell’agosto del 1970 per l’etichetta Deram. Il pezzo si fa apprezzare per la sua ricca sezione fiati e le moderne sonorità jazz rock. Una fusion grezza ma raffinata, tra le più interessanti del periodo.
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