FACS – Wish Defence | Indie For Bunnies
Con “Wish Defense”, i FACS consolidano la loro identità con un’opera che appare come un manifesto del loro percorso musicale, emergendo con quieta strafottenza e spietata introversione. Il trio di Chicago, ora composto da Brian Case, Noah Leger e il ritrovato Jonathan Van Herik (chitarrista della primissima formazione) al basso, abbandona le derive più eteree del passato per abbracciare un sound apparentemente più secco e spigoloso, sul ciglio di torvi presagi industriali e percorso da una tensione urticante, sempre sul punto di esondare, destinata però ad essere assorbita e masticata flemmaticamente, mentre pattern ritmici
monolitici e detriti di alienante decadenza modernista ne seppelliscono ogni possibile barbaglio verticale.

La produzione, affidata al leggendario Steve Albini nell’ultima sessione in studio prima della sua scomparsa, dona al disco un’impronta sonora essenziale e priva di orpelli, ma anche magmatica e carnale, esaltando la turgida compattezza della formula sonora della band. Accanto ad Albini, Sanford Parker e John Congleton hanno contribuito a rafforzare ulteriormente la resa finale del suono.
Le atmosfere dell’album serpeggiano costantemente verso freddi grigiori e neri vuoti, sospinte da abrasivi interventi chitarristici e una sezione ritmica pungolante. Le trame sonore sono imponenti ma fragili, glaciali ma sanguinanti. La tracklist non concede tregua: ogni traccia è un’incursione chiaroscurale in territori austeri dove il minimalismo, grazie a vincenti trovate anti-melodiche, una sgraziata eleganza e incastri di matematica precisione, diventa un’arma diabolicamente affilata piuttosto che un limite.
Sono pezzi progettati per ipnotici rituali dal vivo: è sul palco che le tetre geometrie di questa musica possono risplendere
sinistramente, per mostrare l’essenza più autentica e profonda dei FACS.
Source link