Sicilia

Ex Province, in Sicilia la domenica surreale del voto senza cittadini

Immaginate la scena che oggi, nel giorno delle surreali urne che nessuno in fondo ha mai voluto, potrebbe svolgersi in uno dei nove seggi unici. Mettiamo che sia a Catania, anzi a Tremestieri Etneo, nella sede operativa della vecchia cara ex Provincia. Che nessuno, tranne gli addetti ai lavori, ha mai chiamato Città Metropolitana.

Mettiamo che al bar, in questa stramba domenica di elezioni “di secondo livello”, s’incontrino un consigliere di Catania e uno di Licodia Eubea. Magari hanno frequentazioni di partito o rapporti di confidenza personale. Entrambi sono lì per la medesima incombenza: eleggere il Consiglio metropolitano (fu Consiglio provinciale). Ma con un peso abissalmente differente. Il voto del consigliere catanese vale 47 volte quello del collega licodiano: 801 punti per l’esponente di Palazzo degli Elefanti, nel (cervellotico) “indice di ponderazione” di una legge elettorale che l’Ars non è riuscita a rottamare, contro appena 17 del rappresentate di un Comune con meno di tremila abitanti. Numeri destinati a ingarbugliarsi ancora di più, se i due incontrassero pure consiglieri di Acireale (indice pari a 162), Gravina (114), Sant’Agata Li Battiati (57) o Aci Bonaccorsi (34).

Bentrovati nelle elezioni meno sentite della storia siciliana. Anche perché i cittadini non votano. Oggi, dalle 8 alle 22, saranno i sindaci e i consiglieri comunali a esprimersi sui Consigli delle Città metropolitane (oltre a Catania, anche Messina e Palermo, dove i sindaci dei capoluoghi resteranno anche alla guida dell’ente provinciale), ma soprattutto sui presidenti e sui Consigli dei Liberi Consorzi di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa e Trapani. Sul sito della Regione non ci sono dati centralizzati, ma abbiano calcolato – dopo una lunga e talvolta ardua, navigazione nei nove siti web istituzionali – che oggi la tornata elettorale di secondo livello coinvolge 5.284 rappresentanti (fra sindaci e consiglieri) di 370 comuni siciliani, esclusi quelli attualmente commissariati. I seggi in gioco sono 118, di cui 50 nelle tre Città metropolitane (con 21 liste in campo) e 68 nei sei Liberi consorzi, contesi da 33 liste.

Al netto del quasi inesistente coinvolgimento dei cittadini siciliani (qualcuno mette in dubbio, in una domenica in mezzo a più ponti di primavera, anche l’affluenza degli elettori “addetti ai lavori”, soprattutto i consiglieri slegati dai partiti), il test di oggi è comunque atteso dai partiti siciliani con una certa attenzione. Soprattutto per le sei sfide in cui c’è in gioco la presidenza. Con candidati “fluidi” e alleanze in cui, dietro al civismo, si nascondono laboratori politici. Quando non veri e propri inciuci più o meno sotto banco. Una prova muscolare per i partiti del centrodestra, che – numeri del voto ponderato alla mano – partirebbe da scontato vincitore in tutti i sei Liberi consorzi, se non fosse che in più di un caso la coalizione che governa la Regione si presenta frantumata, aprendo degli squarci di speranza al fronte progressista, presente in otto competizioni con proprie liste, altrimenti spacciato.

La contesa più interessante

La contesa più interessante è a Caltanissetta. Dove in campo c’è, da favorito in base ai calcoli col voto ponderato, Walter Tesauro, sindaco forzista del capoluogo, contrapposto al collega Massimiliano Conti (Niscemi), civico voluto dalla Lega e sostenuto da Fratelli d’Italia, Dc e Noi Moderati. A Tesauro doverebbero andare anche i consensi nel nuovo movimento Grande Sicilia, anche se – nonostante le smentite dello stesso Raffaele Lombardo – c’è chi è convinto che qualche scheda autonomista e moderata recherà il nome di Terenziano Di Stefano, che a Gela governa con l’Mpa, candidato dell’asse progressista.L’altra partita a tre si gioca a Ragusa. Qui tutto il centrodestra è schierato con Maria Rita Schembari (sindaca di Comiso, espressa da FdI, unica donna aspirante alla presidenza), tranne la Dc che punta su Gianfranco Fidone di Acate. Il quale non dovrebbe vincere, ma potrebbe favorire il candidato dem Roberto Ammatuna (Pozzallo).

Il centrosinistra non ha un candidato ad Agrigento, dove Pd e M5S (con gli alleati di Avs e Controcorrente che si dissociano) si sono “imboscati” con una lista civica dietro Giuseppe Pendolino, sindaco di Aragona, che ha spaccato il centrodestra: con lui Forza Italia e Mpa (senza simbolo), mentre il resto della coalizione sta con Stefano Castellino, primo cittadino di Palma di Montechiaro, sostenuto dalle liste di FdI, Lega e Dc.Situazione intrecciata anche a Siracusa, dove il centrista Michelangelo Giansiracusa (Ferla), vicino ad Azione ma stimato dagli autonomisti e dall’area ex meloniana di Carlo Auteri, parte da favorito contro Giuseppe Stefio (Carlentini), candidato dei progressisti; decisivi saranno i voti di FdI e Forza Italia che hanno presentato liste non collegate ad alcun presidente.

In apparenza bipolari i confronti di Enna (il centrodestra schiera Rosario Colianni, sindaco forzista di Nissoria, contrapposto al collega di Calascibetta, il dem Piero Capizzi) e di Trapani (la maggioranza regionale punta compatta su Giovanni Lentini di Castelvetrano che se la vedrà con il civico mazarese Salvatore Quinci). In entrambi i casi il centrodestra parte avanti, ma i mal di pancia e il voto trasversale potrebbero tirare brutti scherzi. Domani mattina il responso.




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