Basilicata

“Even”, il film ispirato al caso di Roberta Lanzino

Intervista a Giulio Ancora, regista del film “Even” ispirato al caso di Roberta Lanzino. Pellicola girata tra Cosenza, Rende e la Sila


COSENZA – Un piccolo gioiello della cinematografia che parla calabrese. Non solo perché girato tra Cosenza, Rende e la Sila, ma soprattutto perché ispirato al caso di Roberta Lanzino. La firma è del regista Giulio Ancora, il cast è di quelli stellari: tra gli interpreti, Federica Pagliaroli, Marco Cocci, Simona Cavallari, Massimo Bonetti, Romina Mondello, Ernesto Mahieux, Serra Yilmaz, Paola Barale, Martina Chiappetta e Caterina Misasi. Parliamo di “Even”: prodotta da “Lob&Partners”, la pellicola sarà presentata al pubblico cosentino alla première del 20 novembre, in programma al Cinema Citrigno.

Un titolo palindromo, “Even”, un racconto che si snoda tra passato e presente. Possiamo dire che la doppiezza è un po’ il filo conduttore del film?

«Più che palindromo, contrario. “Even” nasce proprio dall’idea di inverso, letto al contrario: “neve”. Il film alterna passato e presente, due vite ma anche anime, che dialogano a distanza di anni, qui il titolo assume invece il paradigma inglese di “heaven”, “paradiso”. Mi interessava lavorare sulla ripetizione del dolore, su come certi traumi si ripropongano nella storia, cambiando forma ma non sostanza. C’è poi un elemento cardine, illustrato anche sulla locandina, senza spoilerare troppo, guardandoci attraverso tutto viene capovolto, come nelle prime immagini panoramiche proiettate con le camere oscure degli inizi dell’800, quando la società parigina iniziò a interessarsi alla fotografia, d’altronde il nostro cervello elabora la visione capovolta della realtà perché la lente dell’occhio proietta un’immagine invertita sulla retina. Il cervello, quindi, “capovolge” questa immagine per permetterci di percepire il mondo nel verso corretto».

La protagonista si chiama Giulia. Ma è inevitabile rivolgere il pensiero a Roberta.

«È inevitabile. “Even” è liberamente ispirato alla vicenda di Roberta Lanzino, non vuole raccontarla in modo documentaristico, anzi. Un cold case che ancora oggi pesa per la mancanza di una vera giustizia. Da quella ferita irrisolta nasce la mia esigenza di raccontare, non tanto la cronaca, ma il silenzio che resta intorno a certe storie. Giulia, la protagonista del film, è un personaggio autonomo, ma porta dentro di sé le tracce di tutte le donne che hanno subito e continuano a subire. In lei convivono la forza e la fragilità, il bisogno di libertà e la consapevolezza di quanto la società sia ancora lontana dal fare davvero i conti con la violenza di genere. Da quella storia tragica è nata una riflessione più ampia sulla violenza di genere e sulla memoria collettiva, mentre l’anima di Roberta è presente, probabilmente, in ogni scena del film».

La neve ha una simbologia?

«La neve rappresenta il silenzio e il tempo. È una coperta che nasconde ma allo stesso tempo conserva. Copre il crimine, ma anche il dolore, e lascia solo qualche traccia per chi sa guardare, quasi complice di un omicidio. Gli scenari innevati della Sila sono qualcosa di favolistico, mistici e un po’ trascendentali. Nonostante le prime difficoltà produttive di girare a temperature proibitive, questi paesaggi incantevoli alla fine sono stati un importante plus artistico ed estetico al film. Mi piaceva l’idea che fosse la neve a legare le due epoche: quella del passato e quella di Giulia. È il simbolo di una memoria che si deposita lentamente, che non sparisce, ma resta lì, sotto la superficie, senza fare rumore».

Non deve essere stato facile portare sullo schermo un tema così delicato come quello della violenza di genere.

«È stato un percorso lungo e molto personale, le prime stesure del soggetto, scritto con Stella Milidoni, partivano da uno scheletro narrativo fortemente legato alla storia di Roberta. Da subito abbiamo sentito la responsabilità di trattare il tema con rispetto, evitando ogni forma di spettacolarizzazione, per questo forse, con naturalezza, pian piano ce ne siamo allontanati, lasciando spazio a elementi di pura finzione, prendendo spunto anche da altri casi come i femminicidi irrisolti di Lisa Gabriele o Simonetta Cesaroni. Abbiamo cercato di raccontare la violenza non tanto nell’atto, ma nelle sue conseguenze: nel silenzio, nel senso di colpa, nella memoria che resta. Giulia, interpretata da Federica Pagliaroli, subirà un grave trauma, dovrà lottare per ritornare a vivere, avendo avuto un’amnesia dissociativa legata a uno shock post traumatico. Nella sua fase di rinascita apprenderà la tragica storia di Marisol, interpretata da Martina Chiappetta, un’anima del passato e un corpo presente e vivo si ritroveranno a rivivere la stessa drammatica violenza, in un transfert tra due epoche differenti ma profondamente simili. Portare sullo schermo un tema così forte è stato difficile, ma necessario. A volte, il cinema deve anche assumersi un po’ di responsabilità e per provare a scuotere le coscienze».

Il film, che ha un cast d’eccezione, ha già fatto incetta di premi e riconoscimenti in tutta Italia. Prossima tappa?

«In estate, sia a Ischia che a Reggio fino a Castel Volturno, “Even” ha riscosso un bel successo, anche se il giudizio a cui tengo di più è quello del pubblico. Adesso saremo in concorso, in finale, al Rome Indipendent Film Festival, la proiezione è prevista il 22 novembre e poi dal 24 saremo al cinema un po’ in tutta Italia distribuiti da Unicorn in collaborazione con 102 distribution. L’appuntamento che verrà prima di tutti, però, sarà la premiere che abbiamo deciso di realizzare a Cosenza. Invito tutti il 20 novembre al cinema Citrigno dalle ore 20, sarà anche un po’ una festa, ci sarà il cast, gli amici e tutti i professionisti che hanno permesso di realizzare “Even”».

“Even” è un film molto musicale, molto rock.

«Io vengo dalla musica, l’ho bazzicata per molti anni con varie band, soprattutto i Miss Fraulein. In “Even” le ho dedicato molto spazio, a partire dalla colonna sonora originale realizzata da Alessandro Mazzotta in stile elettro-ambient. Le musiche del film vedono la collaborazione di importanti realtà musicali internazionali: il trio power rock dei canadesi Danko Jones si alternerà a melodie più indie dei campani A Toys Orchestra, colonna sonora anche del trailer, i belgi dEUS, gli amici Camera 237, i Miss Fraulein (ovviamente!), i Kjummo e la nota cantautrice siciliana Levante. Inoltre, ho scritto e cantato appositamente per la colonna sonora del film la canzone inedita “Going to sea” dedicata alla storia di Roberta. Non un brano di dolore, ma di dolce malinconia. Roberta diventa simbolo di tutte le donne che non hanno potuto vivere la propria vita fino in fondo, ma che continuano a esistere attraverso la memoria e l’arte».

Passiamo alla tua carriera di regista: prossimi progetti professionali?

«Dopo “Even” ho sentito il bisogno di continuare a esplorare il confine tra realtà e immaginazione, ma con una prospettiva più intima. Mi sono appassionato a una storia tra il mistico e il paranormale, ma per ora è tutto top secret. Continuerò a scrivere e appuntare attimi di vita, volti e storie: per me la scrittura resta la base di tutto, il punto da cui far partire ogni viaggio».


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