Estorsione da 40mila euro alla titolare del vivaio, condanna per l’imprenditore bufalino

Una condanna e un’assoluzione. E’ quanto disposto dalla prima sezione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presieduta da Giovanni Caparco con a latere Francesco Maione e Patrizia Iorio nel processo a carico di Francesco Diana e Tommaso Ragnino accusati di tentata estorsione ai danni della titolare di due vivai a Maddaloni.
Sono stati inflitti quindi, 4 anni e 8 mesi di reclusione per l’imprenditore bufalino Francesco Diana. Assoluzione per Tommaso Ragnino. Per i due imputati il sostituto procuratore Vincenzo Quaranta nella sua requisitoria aveva richiesto 7 anni e 2 mesi di reclusione per Diana e 4 anni e 4 mesi per Ragnino.
Secondo la ricostruzione della Procura sammaritana Francesco Diana, 48enne imprenditore di San Cipriano d’Aversa (fratello dell’ex assessore Orlando Diana, coinvolto nell’inchiesta della Dda di Napoli sul business delle cooperative sociali) e Tommaso Ragnino, 51enne di Maddaloni (già coinvolto in un’inchiesta della Dda partenopea sulle piazze di spaccio a Maddaloni), alludevano di appartenere al clan dei Casalesi per estorcere denaro. In un primo momento fu contestata l’aggravante della metodologia mafiosa, poi decaduta.
La ‘prima’ vittima sarebbe un ragazzo marocchino naturalizzato a Maddaloni, detenuto presso il carcere di Bergamo – con precedenti per furto di mezzi per il movimento terra e agricoli nonché di auto. Le indagini, partite a seguito della denuncia sporta dalla madre del detenuto, hanno permesso di accertare che gli indagati, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in tempi diversi e con minacce di morte e atteggiamenti allusivi all’appartenenza e vicinanza ai Casalesi, le avrebbero ripetutamente chiesto di consegnare la somma complessiva di 40mila euro in tre tranche da 25mila euro, 12mila euro e 3mila euro, da elargire in tempi diversi, quale corrispettivo di presunti pregressi debiti contratti dal figlio della vittima.
Per gli inquirenti Diana e Ragnino avrebbero preteso svariate somme di denaro al loro “compare di merende” in special modo dopo l’arresto e la detenzione di quest’ultimo. Fatti che sono stati denunciati dalla madre della vittima alla locale compagnia carabinieri. La donna ha raccontato ai carabinieri di avere paura per l’incolumità del figlio. I soldi richiesti servivano tra l’altro, come ‘riscatto’ di una vettura presa a noleggio dalla vittima per conto degli indagati e poi ‘persa’ perché sequestrata a seguito di un controllo delle forze dell’ordine.
Nel corso del dibattimento è emerso il ruolo marginale di Ragnino tanto che i giudici hanno pronunciato formula assolutoria.
Nel collegio difensivo sono stati impegnati gli avvocati Ferdinando Letizia, Valerio Alfonso Stravino, Enzo Domenico Spina.
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