Esplosioni misteriose e sabotaggi: Israele lancia una nuova guerra segreta all’Iran
Potrebbe non essersi concluso del tutto il conflitto tra Israele e Iran sfociato a giugno in una guerra aperta e conclusosi, almeno ufficialmente e dopo 12 giorni di raid e rappresaglie reciproche, con il bombardamento da parte degli Stati Uniti dei siti nucleari del regime degli ayatollah. Funzionari iraniani citati in forma anonima dal New York Times riferiscono infatti che numerosi incidenti registrati nelle ultime settimane in varie località della Repubblica Islamica potrebbero essere stati causati da azioni di sabotaggio israeliane.
I sospetti su Israele
Diverse esplosioni e incendi hanno devastato edifici residenziali, raffinerie di petrolio, un’azienda di calzature e una strada vicino ad un grande aeroporto. Uno dei più gravi episodi si è verificato sabato scorso quando un rogo in una raffineria strategica di Abada, nell’Iran meridionale, ha messo fuori uso una linea di produzione e provocato la morte di una persona. Significativa inoltre una deflagrazione in un edificio residenziale nella capitale iraniana che offre alloggi a prezzi scontati a dipendenti della magistratura. Il timore, solo sussurato, è che l’esplosione abbia avuto la finalità di instillare il dubbio e la paura tra giudici e pubblici ministeri di essere nella black list di Israele, come accaduto con gli scienziati nucleari.
Sino ad ora le autorità iraniane hanno attribuito ufficialmente gli incidenti, che si susseguono a ritmo quasi quotidiano, a perdite di gas, incendi di rifiuti e infrastrutture datate. Nei circoli di potere di Teheran, però, circolano ipotesi ben diverse. Lo confermano le dichiarazioni rilasciate al New York Times da tre funzionari iraniani, tra cui un membro delle Guardie della Rivoluzione. Sebbene il regime teocratico abbia molti nemici che vorrebbero vederlo vacillare, scrive il quotidiano Usa, i principali sospetti sono concentrati su Israele, autore in passato di azioni simili. Anche una fonte europea ha ammesso di ritenere che siano in corso operazioni di sabotaggio in Iran organizzate da operativi dello Stato ebraico.
Le fonti iraniane non hanno fornito prove a corredo di quanto sostenuto ma affermano che la pista israeliana non viene ammessa pubblicamente perché il regime “non vuole trovarsi nella situazione di dover reagire” contro Tel Aviv. Il conflitto con Israele ha danneggiato pesantemente le difese aeree, i lanciamissili, le basi militari e gli impianti nucleari dell’Iran e tornare ad uno stato aperto di ostilità potrebbe costare caro al regime degli ayatollah. Non è comunque sfuggito che dopo la guerra dei 12 giorni, il direttore del Mossad David Barnea, celebrando il lavoro dell’agenzia di spionaggio, abbia dichiarato in un video che anche dopo il cessate il fuoco “terremo d’occhio tutti i progetti in Iran” sottolineando che “saremo presenti come lo siamo stati finora“.
Non stupisce che tra la popolazione iraniana, colpita in questi giorni da un’ondata di caldo eccezionale, aumenti la diffidenza nei confronti delle autorità. “La lunga storia di insabbiamenti e mancanza di trasparenza del governo iraniano, insieme alle sue risposte vaghe, non hanno fatto altro che accrescere la paura e il sospetto dell’opinione pubblica“, dichiara l’esperto Omid Memarian. Come nel caso della morte misteriosa la scorsa settimana del generale di brigata Gholamhossein Gheybparver, vice comandante delle Guardie Rivoluzionarie e responsabile di una base militare incaricata di reprimere le proteste delle donne nel 2021. Decesso causato dalle complicazioni dovute alle ferite da armi chimiche riportate durante la guerra tra Iran e Iraq degli anni Ottanta, dicono i media ufficiali precisando che le ferite si erano aggravate a causa dello “stress” per il recente conflitto con Israele.
La partita diplomatica
Intanto, stando a quanto riferito dal Jerusalem Post, il presidente americano, Donald Trump, avrebbe dichiarato in conversazioni private che gli Stati Uniti non intendono più cercare di convincere Teheran a tornare al tavolo dei negoziati sul dossier nucleare. “Se vogliono venire, sono i benvenuti. Ma non cercheremo di convincerli né di supplicarli“, avrebbe detto il tycoon. In un’intervista a Fox News il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha ribadito le posizioni sul tema: “non possiamo rinunciare al nostro diritto di arricchire uranio“, ha affermato il ministro ammettendo inoltre danni significativi agli impianti nucleari. Dopo l’intervista, Trump ha postato un messaggio sul social Truth in cui si legge che “se necessario, colpiremo di nuovo i siti nucleari“.
Al di là delle parole, le reali intenzioni di Teheran verranno messe alla prova venerdì prossimo a Istanbul dove è previsto un incontro tra il vice ministro degli Esteri iraniano e i rappresentanti di Gran Bretagna, Francia e Germania.
I Paesi europei hanno avvertito il regime che, in assenza di un nuovo accordo entro agosto, verranno reintrodotte pesanti sanzioni internazionali. Sullo sfondo la minaccia per la Repubblica Islamica potrebbe però essere ancora più elevata.
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