Errore nella lettura della risonanza magnetica, medico condannato a risarcire l’Asl
La risonanza magnetica aveva mostrato un tumore, ma nel referto non c’era nulla in quanto l’esame diagnostico era stato chiesto per un problema di natura ginecologica. Il ritardo nella diagnosi aveva provocato l’asportazione e la ricanalizzazione dell’intestino, comportando postumi gravemente invalidanti per la paziente. Secondo la Corte dei conti tutto questo sarebbe stato evitabile, quattro anni prima, con un intervento endoscopico.
La Corte dei Conti ha accolto la richiesta della Procura contabile e condannato un medico di radiodiagnostica al risarcimento di 260 mila euro per colpa grave.
Secondo la Procura contabile “in data 09.08.2008, presso l’ospedale di Città di Castello, veniva eseguita una risonanza magnetica all’addome inferiore in esito alla quale, in data 26.09.2012, veniva avanzata una richiesta risarcitoria nei confronti del predetto ospedale a causa dell’omessa refertazione di una massa in corrispondenza del Douglas (refertata negatività di massa), che aveva dettato un ritardo diagnostico di quattro anni, con conseguente infiltrazione della parete del retto da parte di adenocarcinoma distale ed intervento di tipo demolitivo di resezione anteriore del retto con ileostomia derivativa e successiva ricanalizzazione (preceduta da diverse retto-sigmoidoscopie) e trattamento chemio-radioterapico”.
La paziente citava l’Asl Umbria 1 e chiedeva un risarcimento per il danno subito. La vicenda si concludeva in via transattiva, con un esborso da parte dell’Azienda sanitaria pari a 260.000 euro, somma pagata dall’assicurazione che liquidava il sinistro rientrante, tuttavia, all’interno della franchigia contrattuale, con successivo aumento per la sanità pubblica.
La Procura contabile ha, quindi, citato in giudizio il medico che non avrebbe letto correttamente le immagini della risonanza magnetica, escludendo patologie ginecologiche, che erano alla base della richiesta di visita specialistica, non accorgendosi di una massa sospetta nell’intestino, già visibile e riconoscibile. Una disattenzione che aveva causato i danni alla paziente. E che per i giudici contabili si configura come colpa grave “non scusabile per la sua grossolanità”.
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