Umbria

Errore nel calcolo della pensione privilegiata e della tredicesima, ma il pensionato deve restituire 1.600 euro


Riceviamo e pubblichiamo, in merito all’articolo pubblicato in data 10 marzo 2025 dal quotidiano digitale Perugia Today, dal titolo: “Importo della tredicesima troppo alto, pensionato condannato a restituire 30mila euro. La Corte dei conti rigetta il ricorso contro le trattenute mensili operate dall’Inps”, una nota dell’avvocato Nicoletta Pompei.

“In primo luogo, il titolo dell’articolo è suggestivo e fuorviante: ad un pubblico poco attento potrebbe sembrare che il pensionato sia stato “condannato” – da una sentenza – a restituire 30mila euro all’INPS (il che è assolutamente falso). Infatti, alla fine dell’articolo sembra di capire che le ragioni del pensionato siano state del tutto disattese, poiché – è scritto – “non si tratta di somme pagate per errore dall’Inps (e quindi non ripetibili per l’ente), ma di una somma che era stata assegnata al ricorrente in quanto disposta dal giudice di primo grado, poi annullata in appello”. Tuttavia, le acque si confondono perché, sempre alla fine, il ricorrente dovrebbe restituire (solo) 3.934,02 euro… allora qualcosa sfugge. Partiamo, quindi, dalla lettura del pezzo dall’inizio: «Il ricorrente già dipendente della Polizia di Stato in quiescenza per invalidità assoluta e permanente, si era visto calcolare la pensione secondo il sistema misto, ma dopo qualche tempo si è visto recapitare un provvedimento dell’ente pensionistico che disponeva il recupero di un indebito per l’importo lordo di 29.565,72 euro (pari a 21.859,35 euro netti. Secondo l’Inps tale situazione si sarebbe verificata, tra l’ottobre del 2016 e il gennaio del 2023, per un “importo della pensione annua lorda superiore al dovuto” a causa della tredicesima calcolata male. Per questo l’Inps aveva provveduto ad applicare “due trattenute di 181,93 euro sulle mensilità di aprile e maggio 2023 e previsto settanta trattenute di 305,33 euro a decorrere dalla rata di giugno 2023”». Tutto bene, se non fosse che in questa vicenda il problema non è la “tredicesima calcolata male”: quello è solo un effetto dei plurimi errori di calcolo commessi a monte dall’INPS, non la “causa”, come scritto erroneamente nel titolo! Il mio assistito aveva ricevuto degli arretrati in esecuzione di una sentenza di primo grado che riconosceva l’aliquota del 44% sulla quota retributiva della pensione mista (in quanto egli era andato in pensione con il sistema misto). I quasi 30 mila euro di cui si parla all’inizio erano stati richiesti dall’INPS con un provvedimento di recupero dell’indebito per effetto della riforma in Appello che aveva abbassato l’aliquota dal citato 44% al 42,974% (situazione da Voi richiamata nel pezzo ma decontestualizzata). La questione essenziale che non è stata colta è che l’esuberante indebito (P.A.L. asseritamente liquidata in eccesso e, conseguentemente, anche la tredicesima) è generato in massima parte dall’esclusione della pensione privilegiata, prima conferita al pensionato nel 2017, poi inspiegabilmente posta nel nulla in sede di ricalcolo della pensione dopo la citata sentenza di Appello. Si ricorda che – come scritto correttamente nell’articolo – il ricorrente è dipendente della Polizia di Stato in quiescenza per invalidità assoluta e permanente; da qui il riconoscimento della pensione privilegiata. Si ripete che l’articolo non ha affatto spiegato che l’INPS, commettendo un grave errore, non aveva computato la pensione privilegiata in sede di ricalcolo del trattamento pensionistico. Questo è il cuore del problema che ha portato il pensionato ad impugnare il provvedimento di restituzione dell’indebito. Nella parte “in diritto” della sentenza si legge: “Rilevato che l’INPS ha proceduto a computare nel trattamento pensionistico anche la pensione privilegiata, prima effettivamente omessa, la questione controversa attiene alla ripetibilità, o meno, di parte dell’indebito, che, come anticipato, parte ricorrente attribuisce ad un errore commesso da INPS nell’esecuzione della sentenza di primo grado”. Questo passaggio si spiega nel seguente modo: appurato che, per sua stessa ammissione, l’INPS ha commesso l’errore sulla privilegiata (quindi la difesa aveva ragione, infatti l’Istituto ha ricalcolato correttamente la pensione in corso di causa), il rigetto è relativo solo all’ultima parte; in altre parole, la Corte dei Conti non ha accolto il ricorso laddove sosteneva che ci fossero stati errori (anche) nella liquidazione della sentenza di primo grado che, come detto, aveva conferito l’aliquota del 44%. Tutto ciò chiarito, occorre infine precisare che la sentenza non indica però qual è la somma che il pensionato dovrà restituire; la cifra indicata nell’articolo di Perugia Today (3.934,02 euro) non è la decisione della Corte dei Conti, ma un conteggio delle parti che la sentenza ha solo richiamato per esigenze motivazionali. Le trattenute mensili sulla pensione da Voi citate sono state sospese nella fase cautelare del procedimento, in accoglimento della richiesta della scrivente (pure questo è menzionato in sentenza). Posso rendere noto che, rifatti i calcoli dall’INPS dopo aver riconosciuto l’omissione della privilegiata e scomputato quanto già restituito, il ricorrente dovrà restituire (solo) € 1.611,28, a fronte di un’iniziale richiesta di 29.565,72 euro lordi e 21.859,35 euro netti. Ovviamente il pensionato si riserva, essendo un suo diritto, di impugnare questa sentenza alle Sezioni Centrali di Appello”.


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