Ambiente

Enrico Marchi, il capitalismo italiano osservato con lo sguardo radicato a Nordest


La batteria di vini che si sussegue sulla tavola è notevole: il prosecco di Collalto, il Garganega Torre del Falasco e, come rosso, un Corvina

. Marchi è una sorta di catalizzatore e di riorganizzatore delle energie del Nordest. Cerca di costruire cattedrali, rispettando i campanili ma senza rimanerne vincolato e, anzi, provando a superarli.

Lo ha fatto – lo fa – con la finanza, dove adesso la sua Finint opera come una banca d’affari nelle cartolarizzazioni («abbiamo firmato noi la prima in Italia nel 1991 con la Comit»), nell’asset management, nel private banking, nelle partecipazioni, nell’M&A («la prima operazione importante fu la vendita, da parte di una famiglia veneta in crisi di liquidità, della Tenuta Sant’Anna alla Genagricola, l’azienda guidata da Giuseppe Perissinotto, il padre di Giovanni, già amministratore delegato delle Assicurazioni Generali») e, in maniera residuale, nell’attività originaria dei finanziamenti («nel 1987 aprimmo a Milano una società al 50% con Apple per il leasing sui loro computer, il primo dipendente fu Diego Piacentini, che dieci anni dopo sarebbe diventato general manager di Apple in Europa e poi vice president di Amazon»).

Ci è riuscito con il sistema aeroportuale del Nordest imbastito sulla Save e sull’aeroporto Marco Polo di Venezia.

Ci sta provando – la parola è d’obbligo, vista la complessità e la capacità di bruciare ricchezza dei giornali tradizionali e digitali – con la cordata di diciotto imprenditori che, attraverso la Nord Est Multimedia, ha rilevato per poco meno di quaranta milioni di euro dalla Gedi della famiglia Agnelli-Elkann sei giornali locali (Il Mattino di Padova, La Tribuna di Treviso, la Nuova di Venezia e Mestre, il Corriere delle Alpi, il Messaggero Veneto, il Piccolo di Trieste, tanto agognato dallo stesso Caltagirone, e la testata online Nordest Economia), con il progetto di comporre una voce unica da dare a questo pezzo di Paese, che ha sempre avuto un peso specifico culturale e politico, informativo e civile inferiore rispetto al suo peso finanziario e soprattutto manifatturiero: «Io mi occupo di infrastrutture. Le banche, gli aeroporti e i giornali sono infrastrutture. Il Nordest, che produce il 15% del Pil nazionale, ha sempre avuto difficoltà a incidere sulle grandi tendenze del Paese», riflette ricordando la storica minorità di questa parte dell’Italia che non è solo una espressione geografica, ma che è ampia, solida e identitaria, benché poco rappresentata e – non di rado – ancora meno considerata.


Source link

articoli Correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Translate »