Società

Elisa Serafini, italiana a Bangkok: «Non ho mai sentito un terremoto così forte. Sto bene, ma la paura è stata tanta»

Merito delle costruzioni antisismiche largamente diffuse sul territorio ma anche di un’organizzazione impeccabile che, seppur nell’emergenza di un evento inatteso, ha permesso alla macchina dei soccorsi e dei controlli di attivarsi in tempo reale.

Per tutta la prima giornata molti palazzi della capitale thailandese sono rimasti inagibili per consentire ai numerosi ingegneri volontari che si sono resi disponibili di controllare se fossero sicuri e «il governo ha lanciato subito una App gratuita che consente alle persone di mandare le foto delle crepe nelle proprie abitazioni per capire se sono pericolose».

Elisa Serafini ha passato la prima notte da un’amica perché «la porta d’ingresso del mio appartamento non si apriva a causa degli spostamenti dei muri dovuti alla scossa».

In queste ore l’ingresso è stato liberato ed è riuscita a fare un sopralluogo. «Il palazzo è stato dichiarato agibile e in teoria potrei rientrare ma non mi sento sicura perché ci sono delle crepe che in caso di scosse d’assestamento forti potrebbero peggiorare. Non so ancora bene come mi muoverò ma sto valutando di stare da un’altra parte, magari in una casa più bassa, per un mese, il periodo in cui solitamente le scosse di assestamento si esauriscono».

Paura a parte, Bangkok seppur lentamente al momento sta tornando alla normalità, con servizi, ristoranti e mezzi di trasporto regolarmente in funzione. Anche i voli sono ripartiti, dopo essersi fermati nella giornata di ieri.

«I thailandesi sono molto preoccupati perché i terremoti qui non sono usuali ma allo stesso tempo grazie al loro approccio buddista del “qui e ora” sanno che ci sono delle forze che non si possono controllare. Non credono in un Dio, quindi non pregano nessuno ma considerano la natura per quella che è e accettano queste circostanze», spiega Elisa Serafini che ci tiene a tranquillizzate tutti ma, al contempo, invita a non chiudere gli occhi sul Myanmar, il paese più colpito. L’epicentro della scossa è stato individuato a 16 km a Nord-Ovest della capitale Saigang, i morti sono attualmente più di mille e i dispersi ancora incalcolabili.

«C’è la guerra civile e anche gli interventi post sisma sono molto difficili. È un conflitto che purtroppo a livello mediatico non ha molta copertura ma è sanguinoso e le persone già molto piegate dalla dittatura alla quale sono sottoposte non si meritavano tutto questo».


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