“Educare al digitale non sequestrare cellulari”, le parole di Matteo Lancini per una scuola che smetta di perquisire gli studenti e inizi a prepararli davvero al mondo dell’intelligenza artificiale
Il professionista ha delineato un quadro critico dell’attuale approccio educativo, puntando il dito contro la mancata legittimazione delle emozioni dei ragazzi e l’inadeguatezza di una scuola che “perquisisce” gli studenti invece di educarli al mondo digitale.
Dispersione scolastica e maturità: un sistema obsoleto
Lancini ha sottolineato come l’attuale sistema scolastico stia alimentando la dispersione scolastica attraverso “comportamenti aizzati da questa idea che hanno avuto troppi no e limiti”. Il fenomeno risulta particolarmente evidente durante l’esame di maturità, definito dallo psicologo come un anacronismo: “Noi siamo in una società dove tutti usano l’intelligenza artificiale, insegno in due università, tutti nei paper ragionano in questo momento a Strasburgo l’intelligenza artificiale usata. Se un ragazzo tocca l’intelligenza artificiale a scuola copia”.
La contraddizione emerge chiaramente nel considerare che “da 0 a 12 anni spacciamo internet perché ci serve, dai 19 anni in su non ti puoi scrivere in università se non usi internet”. La situazione raggiunge il paradosso il 18 giugno, quando agli studenti diciassettenni “perquisiamo già prima che vengano a scuola tutti i giorni gli chiediamo di mettere un cellulare fuori nella saccuccia dell’asilo invece di costruire una scuola che tenga conto che dobbiamo educare al digitale”.
L’esodo degli adolescenti dalle aule scolastiche
Un fenomeno preoccupante emerge dalle osservazioni cliniche dello psicologo: “In questo momento c’è un esodo dalla scuola italiana a cui se sommate prevalentemente maschio la denatalità tra un po’ le scuole italiane rischiano la chiusura come le caserme”.
La diagnosi di Lancini è chiara: questi ragazzi “non vogliono andare a scuola per non farselo venire il disturbo dell’umore perché devono andare a sottomettersi a un modello che noi diciamo che li dovrebbe forgiare”. Il professionista ha evidenziato la necessità di comprendere che “un adolescente che non è a scuola, faccio questo mestiere da 32 anni, è sempre in un posto peggiore della scuola. Sempre”, precisando che può trovarsi “in famiglia posto sbagliatissimo dove stare in adolescenza” oppure “in una comunità educativa terapeutica, è in un carcere minorile”.
La relazione autentica come unica forma di prevenzione
La soluzione proposta da Lancini si basa sulla relazione autentica tra adulti e giovani. “Solo la relazione che ha a che fare con una legittimazione delle emozioni” può rappresentare un’alternativa efficace. Il problema fondamentale risiede nel fatto che “noi gli chiediamo di non sperimentare le emozioni che ci disturbano”, creando una dinamica in cui i ragazzi devono intercettare “le emozioni di chi diceva che ti amava tanto e ti stava dando troppo”.
Lo psicologo ha sottolineato come “non ci sono mai state generazioni così bisognose di ricerche di relazione” e come i giovani “vengono dagli psicologi” alla ricerca di adulti autentici. La relazione educativa deve partire dalla capacità di “fare questa domanda: chi sei tu e mettersi in un silenzio assordante”, evitando l’approccio superficiale del “come è andato oggi a scuola”.
Il messaggio conclusivo di Lancini è diretto: “Non faccia niente, stia, stare in relazione, una relazione autentica basata sulla capacità di interessarsi a chi è l’altro”.
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