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È morto Hamdi Al-Najjar il papà del piccolo Adam: aveva perso 9 dei suoi 10 figli a Gaza

Un’altra vita spezzata, un’altra speranza che si infrange nel dramma senza fine di Gaza. Hamdi Al-Najjar, il medico pediatra di 40 anni sopravvissuto, insieme al figlio undicenne Adam, al bombardamento israeliano che il 24 maggio scorso ha distrutto la loro casa a Khan Younis uccidendo nove dei suoi dieci figli, è morto nella notte per le gravissime ferite riportate. La notizia, data dall’agenzia di stampa turca Anadolu che cita fonti sanitarie dell’ospedale Nasser, arriva come un pugno allo stomaco, proprio mentre si stavano definendo i dettagli per il suo trasferimento d’urgenza, insieme ad Adam, in Italia per ricevere cure specializzate.

Le condizioni di Hamdi erano critiche: “Ha ferite da schegge alla testa, un polmone perforato e rischia di perdere il braccio sinistro. È attaccato al respiratore”, raccontava la sorella di Hamdi, Nashwa al-Najjar, 42 anni, in un’intervista a Repubblica. “Al Nasser lo hanno operato al cervello, ma non hanno le macchine per la TAC né i medicinali adeguati. Gli stanno dando il paracetamolo per fargli abbassare la febbre alta, hanno solo quello”. L’uomo non ha mai saputo della morte dei suoi nove figli: “Dal giorno del bombardamento israeliano non ha più aperto gli occhi“. Accanto a lui, fino all’ultimo, la moglie Alaa Al-Najjar, 35 anni, anche lei pediatra, che al momento dell’attacco si trovava al lavoro al Nasser Medical Complex. Una donna annientata da un dolore che ha pochi eguali: oltre ai nove figli persi nel raid del 24 maggio, pochi mesi fa aveva già pianto la morte di una delle sue due gemelline per una malattia. Ora, anche il marito non c’è più. “Da otto giorni vive in ospedale”, raccontava ieri Nashwa parlando della cognata. “Dorme nelle stanze della terapia intensiva […]. Si è imposta di non piangere, perché non vuole spaventare Adam. Rifiuta le telefonate, non risponde ai messaggi. Quando ci parlo mi guarda e mi sussurra: ‘chi abbraccerò stanotte?’”. Prima della strage, ogni notte dormiva circondata dai suoi bambini. “È una donna molto devota a Dio. Per lei i suoi figli, suo marito e il suo lavoro da pediatra erano tutto quel che contava nella vita”.

Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani aveva parlato ieri di un trasferimento per Adam, Nashwa e “quattro cuginetti”, con operazioni chirurgiche per Adam già predisposte per l’11 giugno all’ospedale Niguarda di Milano. “Siamo felici di venire in Italia però bisogna fare prestissimo, le condizioni di Adam sono stabili ma quelle di suo padre Hamdi stanno peggiorando di giorno in giorno, non c’è più tempo da perdere”, il commento di Nashwa, che ha vissuto sei anni a Napoli e nutre profonda fiducia nel sistema sanitario italiano. È lei la referente della famiglia per l’evacuazione medica, un’offerta del governo italiano arrivata dopo l’appello dello zio di Adam, Ali, sempre tramite Repubblica. “Abbiamo già trovato il veicolo che ci può portare al valico […] e i medici dell’ospedale Nasser […] ci hanno detto che è possibile spostarli. Però le autorità non ci hanno dato ancora il permesso”, spiegava Nashwa, riferendosi al COGAT, l’unità del ministero della Difesa israeliano che coordina le attività nei territori palestinesi.La situazione dell’evacuazione era apparsa complessa fin da subito. Ma Nashwa aveva ribattuto: “Italia, fate presto, non lasciate morire anche la sua ultima speranza“. Una speranza che, per Hamdi, si è spenta.

Ora, con la morte di Hamdi, i piani dovranno essere necessariamente rivisti. Resta l’urgenza di portare in Italia il piccolo Adam, gravemente ferito al braccio (con danni ai nervi) e con ustioni sul corpo, ma per il quale i medici del Nasser nutrivano ancora speranze. E resta il dramma immenso di Alaa, una madre e moglie a cui la guerra ha tolto tutto.


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