Drømme I Langsomt Stof: Il suono dello scioglimento dei ghiacciai :: Le Recensioni di OndaRock
Cosa accadrebbe se all’improvviso il suono dello scioglimento dei ghiacciai fosse amplificato e diventasse udibile nelle nostre città, nelle nostre case, nei nostri auricolari? Le nostre vite continuerebbero allo stesso modo o accadrebbe qualcosa di rivoluzionario? Paw Grabowski, autore del progetto OjeRum, parte proprio da questa domanda e dalla consapevolezza che la società occidentale vive immersa in una bolla percettiva: ciò che non si vede né si sente direttamente viene rimosso, anestetizzato, reso astratto. Per rompere questo silenzio, Grabowski compie un gesto semplice ma potentissimo: amplifica il suono reale dello scioglimento di un lago ghiacciato e lo trasforma in un’opera concettuale di field recording che è, prima di tutto, un atto politico.
Il risultato è “Drømme I Langsomt Stof”, quarantacinque minuti che diventano un monito radicale: il mondo sta mutando sotto i nostri occhi, ma noi non vogliamo ascoltarlo. Probabilmente l’opera non raggiungerà le masse e non cambierà i comportamenti collettivi, ma “Drømme I Langsomt Stof” fa ciò che l’arte autentica dovrebbe sempre fare: incrinare l’indifferenza, offrire nuovi strumenti di percezione, rendere udibile ciò che il nostro egoismo tende a silenziare.
Grabowski registra i suoni delle lastre di ghiaccio che lentamente cedono, si frantumano, si sciolgono, e li sovrappone a un mantra ipnotico di synth quasi immobile, rituale e perturbante. L’evoluzione sonora accompagna il passaggio fisico dell’acqua: dal ghiaccio compatto alla liquidità silenziosa e inevitabile. Il tempo è lento, inumano, opposto ai ritmi accelerati della produzione e del consumo. Qui sta la potenza politica del lavoro: il brano costringe a sentire il disfacimento senza filtri rassicuranti. 
È una critica implicita ma durissima all’indifferenza di un mondo che, come la famiglia nazista del romanzo e del film “La zona d’interesse”, vive accanto alla catastrofe fingendo che non la riguardi, come se il suono della fine fosse solo un lontano rumore di fondo. Grabowski, amplificando il suono reale di un ghiacciaio che muore, strappa via quel filtro.
“Drømme I Langsomt Stof” diventa così un tassello fondamentale nella storia della musica field recording: non è solo un’operazione estetica, ma un atto di resistenza contro la nostra anestesia sensoriale e morale. È un’opera più filosofica che musicale, ma proprio per questo disvelante: come gli occhiali neri di “Essi vivono” di John Carpenter, ci obbliga a vedere e ascoltare, nella speranza – probabilmente vana – che l’arte possa salvare il mondo.
07/10/2025




