Cultura

Dove La Musica Respira Ancora

Daniela Pes

I grandi nomi del rock – e non solo – hanno bisogno di stadi e di palazzetti per rispondere a una domanda che appare sempre crescente. Una domanda, spesso gonfiata ad arte da media compiacenti e agenzie di produzione spregiudicate, che trasformano ogni concerto in un evento proclamato come unico, irripetibile, epocale. Ma l’epica promessa si sbriciola, puntualmente, davanti alla realtà: biglietti dal costo insensato, visibilità ridotta a un miraggio, servizi scadenti, file interminabili, caos. E ancora: un mare di smartphone alzati come muri, a impedire il contatto con la musica, con l’artista, con l’attimo. Troppo spesso il pubblico sembra più interessato a documentare la propria presenza “storica” sui social, che a viverla davvero.

Gli Oasis ieri, i Radiohead oggi: grandi riti collettivi che finiscono, inevitabilmente, inghiottiti in questo baratro. E allora la domanda sorge spontanea: perché piegarsi a questa tossica distorsione dello show-business? Perché accettare di svuotare le nostre tasche e il nostro entusiasmo per un’esperienza che, quasi certamente, non sarà né piacevole, né memorabile come speravamo?

Esiste un’alternativa. C’è un altro modo di vivere la musica: quello che nasce nei locali di medie dimensioni, negli spazi raccolti, nei club che odorano di storia, di sudore, di passione vera. Un concerto all’Arci Bellezza di Milano, al Locomotiv Club di Bologna, al Monk di Roma non costa centinaia di euro, eppure ti offre ciò che nessuno stadio potrà mai restituire: intimità, libertà, partecipazione. Qui la distanza tra palco e platea si annulla, l’energia diventa elettrica, scorre tra corpi e strumenti senza filtri, e non c’è “premium box” o pacchetto VIP che possa comprarsi questa autenticità.

C’è di più: i locali indipendenti, gli spazi occupati, i centri sociali non sono solamente contenitori di musica. Sono fucine di comunità e di futuro. Riempiono di vita i quartieri abbandonati dalla politica, restituiscono dignità agli spazi marginali, attraggono visitatori, diffondono cultura. Tra quelle mura si intrecciano suoni, immagini, parole: concerti, mostre, proiezioni, presentazioni di libri. È qui che l’arte rimane un’esperienza vissuta, condivisa, non un prodotto di lusso.

E allora la scelta diventa quasi naturale: invece di rincorrere l’ennesimo biglietto impossibile per i Radiohead – con il suo prezzo folle e la lotteria dei codici d’accesso – perché non lasciarsi sorprendere da altri percorsi? Seguire il tour europeo di Daniela Pes e di Iosonouncane, ad esempio. Artisti capaci di emozionare senza chiedervi 300 euro per un posto privilegiato.

Forse la vera magia della musica non si trova nelle arene che brillano di luci, ma in quei luoghi dove la vicinanza diventa respiro comune, dove le note non si consumano in diretta su Instagram, ma restano impresse nella memoria, come un segreto condiviso tra pochi.


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