“Dopo l’ultima maratona di 22 ore non capivo neanche più dov’ero. Il Tg5? Alla fine aveva ragione Berlusconi”: parla Enrico Mentana
Gli inizi al Tg1 ad appena 25 anni, i successi con il Tg5 (“Berlusconi era l’unico a dire che le sfide si affrontano di petto e bisogna mirare in alto”), le maratone cult, il senso della notizia. Ci sono quarantacinque anni di passione per il giornalismo (e qualche incursione nella vita privata) nella lunga intervista che Enrico Mentana ha concesso al Corriere della Sera. Il direttore di La7 parte ricordando gli esordi al tiggì dell’ammiraglia Rai, negli anni ’80, da “ultima ruota del carro degli esteri” – tra carta carbone, telescriventi e incontri con i big del giornalismo tv dell’epoca, da Massimo Valentini a Emilio Fede – e arriva fino al presente. Ovvero alle mitologiche maratone Mentana, ormai un genere tv unico e consolidato. “C’è gente che fa una cosa più pesante di me: vedere le maratone”, dice con la consueta ironia. Ma qual è stata la più pesante? “Le ultime europee, quasi 22 ore. Alla fine, avevo la sensazione di non essere nel mio studio, non capivo neanche più dov’ero di preciso”. Quanto al tg di La7 che dirige da quasi 15 anni, ammette: “La vera sfida era farlo diventare competitivo. Forse l’ho troppo personalizzato”.
Mentana ammette di avere “un debito continuo con la fortuna” e ricorda la genesi del Tg5, di cui divenne direttore nel 1992 ad appena 37 anni. In pochi credevano in quell’impresa, a parte Silvio Berlusconi, e il risultato fu che il telegiornale di Canale5 finì per battere la corazzata dell’informazione tv. “I record sono fatti per essere battuti. Ma la questione si lega a Berlusconi: lui aveva una grande ambizione da imprenditore e puntava a una concorrenza sistematica e forte nei confronti della Rai”, ricorda Mentana. Che poi aggiunge: “Io non ho mai votato Berlusconi, ma ricordo bene che in quelle settimane tutti dicevano: ‘Ma perché dobbiamo andare contro il Tg1 che andiamo a schiantarci?’. Lui era l’unico a dire che le sfide si affrontano di petto e bisogna mirare in alto. E aveva ragione”. Com’è il rapporto con i compagni di avventura dell’epoca, ossia Lamberto Sposini, Clemente J. Mimun, Emilio Carelli, Cesara Buonamici e Cristina Parodi? Buono, ma col giusto distacco. “Io ho ottimi rapporti con tutti i giornalisti con i quali ho lavorato, ma non amo troppo frequentare i giornalisti nel tempo libero”. Poi confessa che dopo l’addio burrascoso con Mediaset non ha mai avuto paura di restare fuori dal giornalismo. “Qualcuno diceva ‘Mentana è finito’ ma non mi sono curato. Dopo 30 anni di corsa ho pensato che se uno si ferma a riflettere un po’, non fa danno. Avevo 54 anni. Se ti lasci male con Mediaset, mentre il Presidente del Consiglio è Berlusconi, sai che non avrai le porte aperte. Ma qualcosa si trova sempre, non credo mai ai complotti”.
Infine, un’incursione nella vita privata, a cominciare dal legame speciale con i suoi cani, tre cavalier king che porta spesso anche al tg, in diretta (“un favoritismo scandaloso”). “È arrivata Nina per allietare la casa nella pandemia. Poi è seguita Bice. Quando ti guardano con quegli occhioni quando esci di casa o non esci o te li porti dietro. Infine, è arrivato Blu, il terzo. Maschio dopo due femmine”, racconta. L’ultimo, Blu, lo ha voluto la compagna, Francesca Fagnani. “Le due femmine hanno patrizzato. Francesca voleva il maschio che sta molto con lei”, rivela. A proposito della Fagnani, è severo nel giudizio quando guarda Belve? “Lo guardo sì, e no non potrei mai essere severo. È una formula molto riuscita e lei si impegna tanto”. Ecco perché non le dà alcun consiglio: “Assolutamente no. Grande rispetto per la mia compagna. Lei ha sicuramente più di me la sintonia con un pubblico molto ampio che è diverso dal mio. E poi quando si vive in una coppia sanamente concorrenziale è bene che ognuno faccia il suo, senza interferenze”.
Source link