Marche

dopo 53 anni c’è il risarcimento

ANCONA – La giustizia prima o poi arriva. Anche a distanza di mezzo secolo. Per la precisione, 53 anni: tanti ne sono passati da quando un uomo prese l’epatite C durante una trasfusione di sangue a cui era dovuto sottoporre in un ospedale del Maceratese. Era il 1972. Nel frattempo è deceduto, ma a portare avanti le sue ragioni è stata la moglie che ha ottenuto un risarcimento da circa 90mila euro. Sulla carta. Perché il Ministero della Salute non ha liquidato la somma, tanto che la 70enne ha dovuto far ricorso al Tar per vedersi riconosciuto quanto sentenziato dal giudice del tribunale civile di Ancona (nell’aprile 2021) e poi dalla Corte d’Appello dorica (nel dicembre 2023).

La ricostruzione

La prima causa è stata intentata nel 2015 dalla coppia, residente nel Maceratese e assistita dagli avvocati Quirino Mescia e Giuseppe Giglio. L’uomo solo in quegli anni, a seguito di alcuni controlli medici, aveva appreso di aver contratto l’epatite cronica Hcv, malattia lungolatente. Il contagio, come documentato dalle carte, sarebbe avvenuto in occasione di un ricovero ospedaliero nel 1972, durante il quale il paziente è stato sottoposto ad alcune trasfusioni. Il giudice in primo e secondo grado ha riconosciuto le ragioni del ricorrente e ha accordato un risarcimento da poco meno di 90mila euro a titolo di risarcimento per il danno non patrimoniale subito. Il Ministero della Salute è stato riconosciuto responsabile perché avrebbe dovuto vigilare sulle sacche di sangue infette.

Nel frattempo l’uomo infettato dall’epatite C è morto, ma la causa è stata portata avanti dall’erede, la moglie. Nonostante le due sentenze favorevoli, intervenute a distanza di 53 anni dai fatti, solo adesso la donna può sperare di essere materialmente risarcita. Il Ministero, infatti, non ha ottemperato all’ultima sentenza della Corte d’Appello di Ancona del dicembre 2023, pertanto ha dovuto avviare una causa amministrativa. E il Tar delle Marche ha condannato lo Stato a pagare l’intero risarcimento sancito (oltre a ulteriori spese di lite per 9mila euro) a favore della donna, che ha chiesto la nomina di un commissario ad acta nel caso di perdurante inerzia da parte del Ministero.




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