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Donne e lavoro, porte e tetti di cristallo che separano l’Italia dall’Europa

L’Italia continua a essere tra i Paesi europei con le maggiori disparità di genere nel mercato del lavoro. Lo ha evidenziato il recente rapporto 2024 del World Economic Forum, e il Women in Work Index 2024 di PwC conferma che questo divario è particolarmente marcato nelle posizioni manageriali.

Ci sono tre metafore per descrivere le difficoltà che impediscono alla componente femminile della popolazione di raggiungere gli stessi risultati di quella maschile sul mercato del lavoro: la porta di cristallo (Hassink e Russo 2010), il soffitto di cristallo (Hymowitz e Schellhardt 1986) e la scogliera di cristallo (Ryan e Haslam 2004).

La prima si riferisce alle difficoltà di accedere al mercato del lavoro, la seconda agli ostacoli durante il percorso di carriera, e la terza alle ridotte probabilità di portare a termine con successo un incarico in momenti difficili. Tutte e tre si applicano sia al nostro Paese sia, in varia misura, a tutti gli altri Paesi, e aiutano a capire le cause della differenza di genere nell’occupazione e nella retribuzione. Tuttavia, proprio perché queste metafore fanno riferimento a situazioni comuni alle donne di ogni Paese, lasciano aperta la questione del perché l’Italia sia così in basso nella graduatoria tra Paesi.

La difficoltà di accedere al mercato del lavoro è evidente fin dal momento della conclusione del percorso formativo. Prendiamo ad esempio la situazione di 100 giovani donne che abbiano conseguito un titolo di studio, diploma o laurea, e che siano alla ricerca di occupazione: quante di loro sono occupate tre anni dopo? 82 nella media europea, ma solo 64 in Italia. In tutti gli altri Paesi l’accoglienza che il sistema produttivo riserva alle nuove leve è nettamente migliore: in Germania il tasso di occupazione sfiora il 90%, in Francia l’80%, in Spagna e in Grecia supera il 70%, in Portogallo supera l’84%, in Austria raggiunge l’88%, nessun Paese fa peggio di noi (Eurostat 2023).

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Queste difficoltà iniziali aumentano nel percorso di carriera e ci confinano tra i Paesi europei con le maggiori disparità di genere nel mercato del lavoro. Prendiamo ad esempio l’indicatore SDG 5.5.2 dell’Agenda 2030 dell’ONU, che misura la percentuale di donne nelle posizioni manageriali (senior e medie). Questo indicatore è compreso tra i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile e tende a “Raggiungere l’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione di tutte le donne e ragazze”. I dati mostrano che in Italia la quota della componente femminile nelle posizioni manageriali è solo del 23% contro il 77% di quella maschile, la più bassa di 35 Paesi europei. Come riescono le donne di tutti gli altri Paesi a contendere con successo le posizioni apicali agli uomini? Come fanno le donne in Grecia a ricoprire il 34% delle posizioni dirigenziali, undici punti in più delle italiane? Anche in Portogallo sono quasi il doppio (38%), sfiorano il 36% in Spagna e superano il 39% in Francia e Regno Unito, mentre in Svezia si sale oltre il 42%.


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