“Donbass trasformato in una base militare”. Il “porcospino d’acciaio” di Mosca alle porte dell’Europa
Trasformare l’Ucraina in un “porcospino d’acciaio”. Questo il piano più volte annunciato dalla coalizione occidentale che sostiene Kiev (anche) riarmando il Paese aggredito da Mosca. Obiettivo: impedire la vittoria dell’imperialismo del Cremlino e scoraggiare future aggressioni da parte della Federazione. Proprio sul fronte del riarmo, però, al momento sarebbe la Russia ad avere un vantaggio strategico avendo trasformato i territori occupati dell’Ucraina orientale e meridionale in una gigantesca base militare pronta per rispondere ai comandi dello zar.
Dalle rampe di lancio per droni da attacco profondo nel Donetsk alle caserme costruite al posto di vecchi resort sul Mar Nero, Mosca ha già realizzato dunque il suo “porcospino d’acciaio” non solo su territorio straniero ma alle porte dell’Europa. A evidenziare la minaccia russa è il Kyiv Independent che riporta come, in particolare nel Donbass, le forze della Federazione stiano convertendo le infrastrutture civili in basi per ospitare i propri soldati, trasportare munizioni e lanciare velivoli senza pilota contro obiettivi nemici a una distanza ravvicinata.
Uno degli esempi del potenziamento militare nei territori occupati è l’aeroporto internazionale di Donetsk costruito in occasione del campionato europeo di calcio Uefa del 2012 e che, dopo aver registrato un transito di oltre un milione di passeggeri l’anno, è rimasto inutilizzato a partire dal 2014 per oltre un decennio. Dalla fine di luglio l’esercito russo ha riasfaltato la pista e costruito un nuovo hangar sulle fondamenta del vecchio terminal. Per Vadym Hluhsko, fondatore del progetto Osint ucraino Kiberboroshno, le nuove strutture aeroportuali permetterebbero il lancio sempre più massiccio di droni russi a lungo raggio. “Oltre a installazioni di lancio“, precisa Hlushko, “sono state realizzate anche posizioni di lancio false“.
Gran parte del Donbass “è già oggi una base militare russa“, ribadisce Petro Andriushenko, consigliere del sindaco di Mariupol in tempo di guerra, che sottolinea che ciò che vediamo dei nuovi siti militari della Federazione “probabilmente è meno dell’1% di ciò che effettivamente c’è. In quasi ogni centro abitato c’è una qualche struttura per i soldati russi“. Anche in Crimea e lungo il mare di Azov, l’esercito dello zar ha riconvertito gli ex resort in caserme e testimonianze sul terreno confermano che dall’inizio dell’operazione militare speciale del 2022 si è registrata un’accelerazione della militarizzazione russa della penisola occupata nel 2014 dai russi. Le fonti consultate dal Kyiv Independent spiegano che la Crimea ha ormai due funzioni: servire da trampolino di lancio per operazioni offensive e da base per il rifornimento dei militari nell’Ucraina meridionale. Considerazioni che sembrano trovare poco spazio nelle trattative per la fine del conflitto.
Il sito di informazione ucraino avverte che, mentre il presidente Usa Donald Trump si fa promotore di un piano di pace che potrebbe comportare la rinuncia da parte di Kiev agli oblast di Donetsk e di Lugansk, tra gli ucraini serpeggia il timore che la Russia possa usare i territori occupati per
lanciare la prossima invasione. Un monito che viene ripreso e ampliato dagli esperti dell’Institute for the Study of War secondo i quali la minaccia delle basi avanzate russe si estende agli Stati membri della Nato.
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