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Donatella Versace ed Hedi Slimane: e ora, dunque, che ne sarà di loro?

Donatella Versace ed Hedi Slimane sono certamente tra i protagonisti più rilevanti della moda (all’incirca) degli ultimi 30 anni. La prima – ma non ci sarebbe neppure bisogno di dirlo – da principio come musa, complice e alleata del fratello Gianni, e quindi alla sua morte nel 1997 come erede artistica della casa della Medusa nel ruolo di direttrice creativa. Il secondo, invece, come direttore creativo – nell’ordine – dell’uomo di Yves Saint Laurent, di Dior Homme, nuovamente di Saint Laurent e quindi – fino a una manciata di mesi fa – di Celine. Il suo suo stile, sempre uguale a se stesso (pregio e critica assieme che gli vengono riconosciuti più spesso da ammiratori e detrattori) gli ha permesso di dare vita a una silhouette così precisa e inconfondibilmente «sua», un merito che pochi stilisti dal dopoguerra a oggi possono vantare.

Donatella Versace Sir Elton John ed Hedi Slimane nel 2006.

Donatella Versace, Sir Elton John ed Hedi Slimane nel 2006.

Due personaggi quasi diametralmente opposti: amante dei riflettori e dei tappeti rossi, ironica, adorabilmente sfacciata, decisamente glamour nel suo platinum blonde, marchio di fabbrica di uno stile iconico e intramontabile lei; schivo, poco o niente incline alla mondanità, dal talento artistico multiforme, misterioso e inafferrabile lui. Due geni della moda contemporanea, due emblemi delle sue anime così diverse, rispettati e amati da schiere di fan fedeli.

Due personaggi che si ritrovano ora, per pura e singolare coincidenza, accomunati dall’essere al centro di insistenti rumors in merito alle diverse possibilità che si spianano loro dinnanzi per l’immediato futuro. E le cui vicende ci danno il la per porci due importanti quesiti intorno ai quali ragionare per provare a capire un po’ meglio i complicati (e a tratti perversi) meccanismi della fashion industry contemporanea.

Foto Getty.

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Gareth Cattermole/Getty Images

Quanto a Donatella Versace, secondo molti sarebbe in procinto di lasciare la direzione creativa della «sua» maison, che nel 2018 è stata venduta per 2,1 miliardi di dollari all’allora Michael Kors Holdings, oggi Capri Holdings. Il suo contratto da direttrice creativa sarebbe in scadenza proprio all’inizio di quest’anno: la sfilata di febbraio, insomma, potrebbe essere l’ultima firmata dalla signora della Medusa, il suo canto del cigno? Una decisione, quella di non rinnovarle il contratto, che si configurerebbe come diretta conseguenza anche delle operazioni che sarebbero in corso da parte del gruppo per mettere in vendita il marchio Versace, oltre a Jimmy Choo, anch’esso nel suo portfolio.

La domanda che non ci si può non porre, a questo proposito, è:

che senso può avere una griffe quando a disegnarla non è più chi porta il suo stesso nome (quando chi porta quel nome è ancora vivo e vegeto, creativamente parlando)?

Gli esempi, nella storia della moda più o meno recente, non mancano: da Saint Laurent ad Alessandro Dell’Acqua, da Romeo Gigli a Tom Ford, da Dries Van Noten a Valentino… Casi certamente diversi per gli accadimenti che hanno portato all’addio più o meno consensuale tra la griffe e il «legittimo» proprietario – chi vende per scelta, chi per forza, chi suo malgrado, chi viene acquisito senza poterci far nulla, chi va per vie legali, chi invece va in pensione, chi ci viene mandato, chi si accomiata con l’amaro in bocca e chi col sorriso sulle labbra… – ma l’epilogo finale è sempre simile. Ovvero, una strana sensazione di scollamento tra quello che è e quello che sarebbe giusto che fosse.

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