Diritto all’aborto, cosa succede adesso negli Stati Uniti?
Sono bastati pochi giorni di campagna elettorale, ormai mesi fa, negli Usa, per capire che il tema del diritto all’aborto sarebbe stato centrale e che non se ne sarebbe andato anche dopo le elezioni, qualunque fosse stato il risultato. Le urne hanno visto il trionfo di Donald Trump che, a differenza di Kamala Harris che aveva portato donne con storie di interruzioni di gravidanza sul palco della convention democratica e puntava a una legge unitaria, aveva da tempo reso nota la sua idea: nessun sostegno al diritto all’aborto a livello federale. Il rischio paventato dai democratici è però che The Donald firmi il divieto a livello federale proposto dai repubblicani al Congresso. Finora però Trump ha sempre detto di non volerlo fare (avrebbe contro anche sua moglie) e ha aggiunto che sono i singoli Stati a dover decidere. Dieci lo hanno fatto proprio mentre il tycoon tornava alla Casa Bianca.
In dieci Stati americani si votava, oltre che per la presidenza, anche per inserire il diritto all’aborto nelle Costituzioni statali. In sette di questi Stati ha vinto il si al diritto all’interruzione di gravidanza nelle Carte costituzionali locali, una forma di tutela anche da eventuali leggi restrittive a livello federale. Si tratta di Arizona, Colorado, Maryland, Missouri, Montana, Nevada e Stato di New York. Il caso più eclatante è quello del Missouri che ha per ora una legge molto restrittiva. In Arizona è vietato interrompere una gravidanza dopo la 15esima settimana, il termine ora si sposterà tra le 23 e le 24 settimane.
In tre Stati i referendum sono stati bocciati. In Florida non si è arrivati al quorum nella consultazione. Resta il divieto di abortire dopo la sesta settimana di gravidanza. In South Dakota il 51,06 per cento degli elettori ha detto no all’ampliamento dei termini per l’interruzione di gravidanza. In Nebraska l’interruzione di gravidanza resta legale solo fino alla 12esima settimana per casi di gravidanze frutto di stupro o incesto o se c’è rischio della vita della madre.
E gli altri 40 Stati? La situazione è radicalmente cambiata dopo che nel 2022 una sentenza della Corte Suprema ha di fatto invalidato la precedente su cui si basava il diritto all’aborto a livello federale. Fino al maggio 2022, lo racconta un grafico dell’Ispi, Istituto per gli studi di politica internazionale, solo in Texas, Oklahoma e Mississippi c’erano restrizioni particolari entro le 20 settimane di gravidanza. Due anni dopo, a marzo 2024, la stessa cartina vedeva 14 Stati che vietavano l’aborto: Texas, entrambi i Dakota, Idaho, Arkansas, Missouri, Oklahoma, Louisiana, Mississippi, Alabama, Tennessee, West Virginia, Kentucky e Indiana. C’erano restrizioni entro le venti settimane in Arizona, Nebraska, Utah, Florida, Georgia, Carolina del Sud e del Nord. Solo Arizona e Missouri hanno cambiato la loro posizione verso una maggiore apertura. Nel resto del Paese resta il diritto all’aborto come era nella sentenza Roe contro Wade: le 12 settimane che completano il primo trimestre. Alcuni Stati già nel novembre del 2022 hanno votato per metterlo fra le proprie leggi: Vermont, California, Montana, Michigan e Kentucky. Lo hanno fatto anche l’Ohio e il Kansas.
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