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dietro si nasconde un progetto di censura e oscuramento

Quel testo fa ribrezzo, il contesto fa schifo. Questo in sintesi il giudizio di Articolo21 sulla contestazione disciplinare a Sigfrido Ranucci.

Con che faccia si può contestare a Ranucci la partecipazione ad altre trasmissioni per presentare Report, addirittura la presentazione del suo libro a Mestre?! La lettera di contestazione è firmata da quei vertici aziendali che lasciano in carica in direttore Petrecca, plurisfiduciato, e persino quelli che hanno aggredito le opposizioni parlando alle feste meloniane, per tacere di chi ha oscurato Gaza o cancellato i referendum. Quel testo è irricevibile, da rispedire al mittente, da affidare ai legali.

“Quando ho visto la lettera e sono stato convocato dal direttore Corsini, ho pensato che volessero congratularsi per il risultato del Qualitel che ci ha indicato come il più apprezzato programma di inchiesta, invece mi sbagliavo…” In queste parole di Sigfrido Ranucci c’è il contesto che peggiora persino quel testo.

Report è un programma urticante, per questo non amato da chi ha avuto il compito di riscrivere la storia, di imporre una egemonia fondata sul dominio e non sulla cultura, e, alla fine del viaggio, di svellere le radici della Costituzione. Quella lettera arriva dopo decine di invettive, minacce, querele, tentati processi della destra in Commissione di Vigilanza.

Non si tratta di un provvedimento dovuto, ma della ennesima provocazione. Sarà un caso che arrivi dopo una puntata che illumina i rapporti tra fascisti, servizi deviati e mafia? Sarà un caso che, poco prima, fosse stato annunciato il taglio di quattro puntate di Report, di due puntate di Presadiretta, la soppressione di Petrolio, per citarne solo alcune? Sarà un caso che, in seguito ad una intesa tra le parti sociali, sia stato annunciato lo svuotamento dei programmi di inchiesta con l’allontanamento di professionalità di grande talento e formate negli anni, in questa specifica vocazione professionale? Come spiegare che la lettera sia stata recapitata poco dopo l’annuncio della ennesima querela di Forza Italia contro Report? Come mai i vertici aziendali i non hanno mai trovato il tempo per solidarizzare con chi, come Ranucci, è costretto a vivere sotto scorta per le minacce delle mafie e dintorni?

Nella politica, e la Rai ne discende, contano non solo le parole utilizzate, ma anche quelle negate. Quella lettera di richiamo è un nuovo campanello d’allarme, la campanella che preannuncia l’ultimo giro. Chi finge di non vedere e di non sentire è un complice, un colluso, nel migliore dei casi un inutile idiota.

Le provocazioni contro Ranucci e Report sono il preannuncio della fase finale che prevede la cancellazione del pensiero critico e la distruzione di quello che resta di Rai 3; questo è il loro modo di cambiare la narrazione e di riscrivere le sentenze, a cominciare, ma guarda un po’, da Capaci, da Ustica, dalla strage di Bologna, dall’assassinio di Piersanti Mattarella.

Non basta più solidarizzare con Ranucci e con Report, bisogna invece solidarizzare con la libertà di informazione e con il pensiero critico.

Il giorno 27 nel pomeriggio, davanti alla sede Rai della Campania, dove si riunirà il consiglio della Rai, si ritroveranno il coordinamento Giusto contratto, decine di associazioni, autori, scrittori, politici, per contestare la via disciplinare al giornalismo e opporsi al taglio dei palinsesti, allo svuotamento delle redazioni. Sarà solo l’inizio, poi sarà il caso di cominciare a preparare una grande iniziativa pubblica, dalla parte dell’articolo 21 della Costituzione, magari questa volta tutte e tutti insieme, senza steccati, senza gelosie politiche o sindacali.

Dietro a quella lettera si nasconde un progetto di censura e di oscuramento che non colpirà una sola trasmissione, ma chiunque oserà ancora illuminare le periferie dominate da mafie, fascisti, servizi deviati. Reagiamo ora prima che il richiamo disciplinare non cominci ad arrivare a ciascuno di noi.


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