Dibattito “Cittadini, partecipazione e beni comuni”: alcune considerazioni
Le riflessioni di uno dei partecipanti, Francesco Corcella
Nella serata di venerdì 7 marzo, sono intervenuto, in qualità di cittadino, al dibattito pubblico tenutosi presso l’Auditorium della Parrocchia San Paolo Apostolo – a proposito di “Cittadini, partecipazione e beni comuni” e organizzato da un gruppo di associazioni, non solo locali, di varia estrazione culturale, laica e religiosa.
L’ho fatto al di là della mia appartenenza anche al Comitato Vie Donizetti e Rossini (Borgovilla), esprimendo le mie considerazioni sul tema in discussione che, per quanto apparentemente non nuovo, conteneva aspetti, per certi versi, “rivoluzionari” e che avrebbero dovuto – a mio modesto avviso – suscitare un maggiore interesse e partecipazione.
Concetti che, in alcuni passaggi, mi sono comunque parsi di infinita attualità rispetto a quel che stiamo vivendo e affrontando da mesi proprio in questa parte della periferia barlettana: ossia la qualità e il tipo del rapporto che si sta intrattenendo con le istituzioni – a partire dal nostro ente locale -, le difficoltà di interlocuzione, le reciproche diffidenze, le infinite mediazioni, la sospetta mancanza di volontà concreta di risoluzione dei problemi stigmatizzati di continuo dalla popolazione residente…
Esperienza che dura da alcuni mesi e dalla quale si sta ricavando l’insegnamento di dotarsi di una logica e una cultura della partecipazione alla vita pubblica e comunitaria più pressante e complessiva, da irrobustire e rinnovare radicalmente e, se possibile, velocemente… priva, comunque sia, della minima soggezione al sistema dei politici e dei partiti ormai personalizzati.
E’ un’immagine e una condizione che possono far apparire – noialtri cittadini organizzati – come fossimo dei soggetti politici alternativi a quelli formalmente individuati a seguito di un risultato elettorale; vissuti come invasori ed invadenti l’attività amministrativa della nostra città (e pure oltre); come se, in fondo, disturbassimo il ruolo e la funzione di coloro che sono chiamati a praticare, con nessun risultato, la “democrazia rappresentativa” nel Comune di Barletta, così come potrebbe accadere per qualunque altra parte del sistema delle autonomie locali del nostro Paese! Per certi versi è così! Deve apparire ed essere così!
In fondo… fare “attività politica” non significa altro che… seguire e partecipare alla definizione del complesso delle attività che si riferiscono alla “vita pubblica” e agli “affari pubblici” di una determinata comunità, di donne e uomini, come la nostra; ma pure definire i contorni e le reali ricadute personali e collettive delle scelte politiche, piccole o grandi che siano, assunte da una pubblica amministrazione a noi prossima, come il Comune di Barletta, da lunghi mesi nello stallo totale e sempre più somigliante ad un teatrino per bambini, come ancora accaduto nel corso dell’ultimo consiglio comunale del 12 marzo 2025!
Sia ben chiaro che agli amministratori non si deve chiedere permesso alcuno per manifestare la nostra capacità e volontà di esprimerci o/e perfino supportare la loro attività tecnico-amministrativa istituzionale! Con il nostro senso civico, senza precedenti e forse inaspettato, possiamo spiazzarli e travolgerli di competenze e passione vere! Purché – però – ci si trovi dinanzi a condizioni e persone serie che intendono perseguire gli interessi della gente!
Questa semplice disquisizione è necessaria per fissare un concetto pure questo semplice ed elementare ma che va ricordato e fatto ricordare: siamo in una società repubblicana, democratica, fondata sulla Carta Costituzionale che è un gioiello di sintesi non solo di norme di civiltà post/fascista ma anche di inimmaginabile capacità di mediazione ideologico/politica tra forze sociali di differenti sensibilità e partiti contrapposti, tutti comunque antifascisti ed animati da un grande senso di rispetto per la comunità!…
Per tornare al nostro tema – se i cittadini barlettani si attivano, non soltanto i soggetti pubblici – quale il Comune di Barletta – non possono ritrarsi ma al contrario, come dispone l’ultimo comma dell’art. 118 della Costituzione, e così come si è appena iniziato a ragionare tra associazioni interessate e la nostra sempre instabile ammin.ne comunale, devono “favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini per lo svolgimento di attività di interesse generale”, mettendo a disposizione mezzi, personale, organizzazione, legittimazione e ogni altra possibile risorsa non economica che possa facilitare l’utilizzo da parte dei cittadini attivi delle proprie capacità e risorse “civiche” nell’interesse generale.
… Per realizzare questo… il sistema/meccanismo della democrazia rappresentativa – che va conservato e preservato ma evidentemente meglio esercitato – se non incalzato in tutte le sue fasi contenutistiche e temporali, rischia di andare in corto circuito trasformandosi – come si diceva innanzi – in una esagerata pratica della delega difficilmente controllabile e verificabile da parte del cittadino stesso, in ordine al mantenimento – da parte dei “delegati” – di comportamenti improntati alla correttezza, coerenza, legalità, utilità pubblica, interesse generale…etc…; pretendendo, invece, che la funzione istituzionale di rappresentanza sociale e di gestore della “cosa pubblica”, non si trasformi mai in gestione della “cosa privata e familiare”!
Ed esigendo anche una tempestività – della macchina politica ed amministrativa – nel saper conoscere, riconoscere e trasformare, un bisogno collettivo di qualunque natura, in una scelta, appunto, politica e amministrativa che soddisfi bene quel bisogno.
A farlo devono essere i cittadini, attraverso loro organizzazioni, collettivi e/o comitati, su temi/progetti programmatici specifici o su problematiche estemporanee… partendo da quelle che possono nascere in un quartiere, anche a tutela e custodia, ad esempio, di “beni comuni” già esistenti. Un pressing espresso da tutti i soggetti di tutte le culture presenti nella comunità con una visione collettiva e unitaria, di rispetto della natura, della vita – appunto – vissuta assieme.
In definitiva, è bene convincere i nostri amministratori che la vita che si svolge in un Palazzo di Città non è fine a se stessa, né può considerarsi un Olimpo, un ritrovo di intoccabili ed improbabili aristocratici; è, invece, un luogo che appartiene a noi tutti, laddove si esplicano un insieme di complesse attività, apparentemente burocratiche, destinate ai migliori interessi generali della comunità. Ognuno è chiamato – amministratore e dipendente pubblico – a svolgere la propria parte secondo il ruolo assegnatogli e riconosciutogli dal nostro ordinamento giuridico e sistema contrattuale, sia che trattasi di indirizzo politico che di realizzazione e gestione di quell’indirizzo. I politici amministratori della “cosa pubblica” sono colà per espressione e volontà (seppur non sempre) libera degli stessi cittadini elettori, cioè noialtri, sempre tentati dall’astensione dal voto poiché sconfortati e sfiduciati di quasi tutte le istituzioni. E’ una tendenza da bloccare ed invertire, partecipando collettivamente!
Comunque sia, per quei politici/amministratori e non, non esiste una “investitura divina” insindacabile; la nostra vita, i suoi valori, la sua qualità, la sua intensità, i suoi colori, i suoi lineamenti, … tutto va deciso, anche in forme di partecipazione “intensive”, con e dalla comunità amministrata, che perciò – questo è venuto evidente dalle relazioni e dagli interventi – pone a disposizione i propri saperi con pieno senso di collaborazione ed integrazione con l’apparato tecnico/politico istituzionale! Quasi una visione sognatrice, e pure rivoluzionaria, che evocano pensieri cristiani e di sinistra!!
Ma il vivere in una comunità – e sapersi esprimere e presentare come tale, pertanto – può non essere un valore per gli amministratori e per i politici, che la intendono e la vivono, (sarebbe meglio dire: che ci vivono!), come un fastidio da snobbare con sufficienza e presa per i fondelli, di cui scrollarsi in qualche modo dilazionando i tempi di un confronto serrato; è come volessero svincolarsi da una seria verifica sul campo della loro capacità di essere professionisti – della politica e della dirigenza – competenti, sobri e ispirati dall’etica della gestione. Il ché è un male per loro e per noi !! Per cui…a partire dal nostro territorio – per quel che ci mostrano e dimostrano i consigli comunali a Barletta – è bene che partiti e amministratori si ritengano avvertiti, poiché il loro tempo, il tempo dell’indecenza e della spettacolarizzazione della politica minuscola volge al termine; questa va soppiantata con una ventata anche di “beni comuni” immateriali e morali, così come qualche relatore ha giustamente auspicato, che va oltre ogni compagine politica e in ogni tempo!!
Lo si spera davvero!
Francesco Corcella
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