Detenuto morto in carcere a Crotone, a giudizio psichiatra e due agenti
Il gup di Crotone ha rinviato a giudizio uno psichiatra e due agenti della Penitenziaria per la tragedia di un giovane detenuto morto in carcere
CROTONE – Il gup del Tribunale di Crotone Edoardo D’Ambrosio ha rinviato a giudizio uno psichiatra e due uomini della polizia penitenziaria per la morte in carcere di un detenuto di 39 anni, Danilo Garofalo, di Petilia Policastro, avvenuta nel settembre 2022. Un “nuovo giunto”, come si dice nel gergo dei penitenziari, che si sarebbe tolto la vita impiccandosi con i lacci delle scarpe a poche ore dall’arresto per maltrattamenti in famiglia.
DETENUTO MORTO IN CARCERE A CROTONE, LE ACCUSE AD AGENTI E PSICHIATRA
Per capire perché gli furono lasciati i laccetti, nonostante le prescrizioni che vietano l’uso di stringhe, la pm Ines Bellesi aveva iscritto nel registro degli indagati, per l’ipotesi di omicidio colposo, Francesco Antonio Lamanna, medico psichiatra dirigente del presidio penitenziario dell’Asp, il sovrintendente Gino Pace e l’assistente capo Ercole Lista. In aula a insistere per la richiesta di giudizio c’era il pm Pasquale Festa. A lui si sono associati gli avvocati Maria Pia Antonietta Garofalo e Giovambattista Scordamaglia, che rappresentano i familiari della vittima. La richiesta è stata accolta dal gup. Gli imputati erano difesi dagli avvocati Aldo Truncè, Carmine Mancuso, Antonio De Cicco.
LA VICENDA
Il giovane, con problemi psichici, aveva già tentato il suicidio in libertà, come si evince dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip che riteneva la misura carceraria l’unica proporzionata all’entità dei fatti contestati. Le accuse traevano origine soprattutto dalle dichiarazioni della moglie di Garofalo, che avrebbe subito reiterate aggressioni verbali e vessazioni morali oltre che aggressioni periodiche, a cadenza quasi mensile, che inducevano la donna a temere per la propria incolumità. In un caso addirittura pare che l’uomo le avesse incendiato un paio di scarpe e l’avesse cacciata di casa insieme ai figli. Ma Garofalo non resse l’impatto col carcere.
Il detenuto si impiccò al letto della cella nella quale era rinchiuso, durante il cambio turno degli agenti, utilizzando i lacci delle scarpe. Inutili i tentativi di rianimazione dei sanitari e degli agenti. Chiedono giustizia gli avvocati dei suoi familiari, che parlano di inadeguatezza della misura carceraria e delle modalità di custodia.
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