Decreto sicurezza, dai pm chiesto il rinvio alla Consulta
Cominciano ad arrivare dalle Procure le prime contestazioni giuridiche al decreto legge sicurezza. Mentre pochi giorni fa in audizione in Parlamento sia i magistrati (Anm) sia gli avvocati (Camere penali) hanno sottolineato tutte le criticità delle nuove norme da pochi giorni in vigore, dal 12 aprile, la Procura di Foggia chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale per ragioni sia di metodo sia di merito. Più generali le prime, specifiche le seconde.
Le nuove circostanze aggravanti
Il caso riguarda alcuni imputati chiamati a rispondere di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali nei confronti di due agenti di polizia in servizio nel compartimento di polizia ferroviaria. Il pm contestava le due nuove circostanze aggravanti: in rapporto alle lesioni, l’aggravante comune per aver «commesso il fatto all’interno o nelle immediate adiacenze delle stazioni ferroviarie e delle metropolitane o all’interno dei convogli adibiti al trasporto di passeggeri»; in rapporto alla resistenza a pubblico ufficiale, la neo-introdotta circostanza speciale, prevista per il caso in cui «la violenza o minaccia è posta in essere per opporsi a un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza mentre compie un atto di ufficio».
Aggravante quest’ultima che finisce per produrre una disparità di trattamento: distinguendo la condotta di chi, usando violenza o minaccia, si oppone a un atto dell’ufficio di un ufficiale/agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza, da quella di chi realizza la medesima condotta nei confronti di altri pubblici ufficiali, «benché tale nozione, secondo la definizione data dall’articolo 357 Codice penale, sia molto ampia, ricomprendendo tutti coloro che esercitano altra pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa». Analogamente per l’aggravante comune che unifica sotto una medesima categoria numerosissimi reati molto eterogenei.
La memoria della Procura di Foggia
In termini generali, la memoria evidenzia l’assenza dei requisiti di necessità e urgenza del ricorso al decreto legge, oltretutto in materia penale, quando lo stesso testo normativo era da oltre un anno in discussione in Parlamento, presentato alle Camere come semplice disegno di legge di iniziativa governativa, senza cioè alcuna ragione di necessità e urgenza.
«Tale scelta – avverte la memoria – non solo tradisce il reale scopo del ricorso allo strumento della decretazione d’urgenza, cui si attinge al solo ed unico fine di accelerare, se non addirittura vanificare, il procedimento legislativo ordinariamente previsto dagli articoli 72 e seguenti della Costituzione, ma appare ancor più perniciosa se solo si considera che, anche laddove i due testi normativi presentano delle differenze, queste ultime appaiono giustificate più che da una particolare situazione di fatto contingente, da vere e proprie scelte di opportunità».
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