Società

Decreto Scuola, Giannelli promuove il provvedimento, ma avverte: “240 milioni non bastano per i contratti, servono miliardi per migliorare le condizioni”

Il decreto Scuola approvato dal Consiglio dei ministri porta con sé importanti novità, soprattutto per quanto riguarda la Maturità. Il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, ha espresso un giudizio complessivamente positivo.

“Condivido l’impianto generale”, ha dichiarato intervistato da Adnkronos, pur sottolineando di preferire un esame con sei materie invece delle quattro ora previste. Tra le modifiche introdotte rientrano la riduzione del numero dei commissari, la possibilità di una non ammissione in caso di comportamenti gravi e misure volte a rafforzare la serietà della prova, dopo gli episodi di contestazione registrati nell’ultima sessione.

Alternanza e riforma dei tecnici

Apprezzamento unanime arriva sul fronte della nuova definizione di formazione scuola-lavoro, che sostituirà la precedente sigla Pcto. Una scelta condivisa da Giannelli, che ha ricordato come la vecchia denominazione non avesse mai raccolto consensi particolari. Positive le valutazioni anche sulla stabilizzazione del modello “4+2” per gli istituti tecnici e professionali: un percorso di quattro anni di studi più due di specializzazione, finalizzato a un immediato inserimento nel mondo produttivo. “È una misura molto potente per contrastare la disoccupazione giovanile – ha spiegato –perché consente ai diplomati di trovare rapidamente lavoro in settori coerenti con la formazione ricevuta”. Un meccanismo già collaudato in altri Paesi europei, capace di fornire risultati concreti sul piano occupazionale.

Risorse economiche e nodi aperti

Meno entusiasmo si registra sul versante delle risorse finanziarie. I 240 milioni previsti dal decreto a favore dei contratti del personale scolastico vengono considerati insufficienti. “Parliamo di circa un milione di dipendenti – ha evidenziato Giannelli – e per un comparto di tali dimensioni servono miliardi e non milioni”. Una cifra che, seppur intesa come segnale di attenzione, non può tradursi in un vero miglioramento delle condizioni economiche di docenti e collaboratori scolastici. Resta quindi aperta la questione del finanziamento strutturale al sistema dell’istruzione, indispensabile per sostenere le nuove misure e garantire maggiore qualità e stabilità al lavoro nelle scuole italiane.


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